Time ha dedicato la sua ultima cover a Elliot Page (già Ellen). "Sono del tutto quello che sono" dice. Pallido, emaciato, i tratti già induriti dal trattamento ormonale, il torace appiattito da una doppia mastectomia, l'aria non esattamente felice -speriamo che il seguito della vita gli vada meglio- Elliot racconta la sofferenza di aver dovuto subire l'iperfemminilizzazione imposta da Hollywood. Dice che già a 9 anni si sentiva un ragazzo e che è stata dura dover accettare i ruoli che le proponevano.
Della sofferenza di Elliot non si può dubitare: nessuno si farebbe mutilare e si imbottirebbe di farmaci se non pensasse che questa è la strada per stare meglio. Forse se i copioni non l'avessero obbligato a stereotipi così rigidi sarebbe stato tutto più facile. Speriamo che funzioni e che Elliot si assesti presto in questo nuovo equilibrio.
Il problema non è Elliot. Il problema semmai è Time, che lo celebra come eroe, collaborando alla costruzione della narrazione liberal, promossa con determinazione dall'amministrazione Biden, che fa dell'essere T il paradigma della libertà umana (criminalizzando e perseguendo quando non perseguitando ogni altro punto di vista, vedi qui).
Il problema sono Rolling Stone, People, Il Corriere della Sera e tutti gli altri media che fanno festa per la sua transizione. C'è ben poco da festeggiare, quando ti capita una cosa simile. C'è poco da glitterare. La disforia di genere è una disgrazia. Non si tratta affatto di una condizione umana invidiabile. Anche se non ti fai chirurgizzare, anche se non ti sottoponi a vita a terapie farmacologiche pesanti e rischiose, la tua vita T può essere molto complicata. Non c'è nessuna ragione per celebrare questo disturbo, per quanto depatologizzato, come un'affascinante avventura esistenziale.
Chi conosce persone transessuali sa benissimo che potendo scegliere avrebbero volentieri fatto a meno di affrontare questo calvario. Chi conosce transessuali anziane-i, magari costrette-i a sospendere la terapia ormonale a causa di effetti iatrogeni insostenibili in età avanzata, e quindi a vedere il proprio corpo tornare penosamente conforme al sesso di nascita (nel caso delle trans MtF, ad esempio, dover sopportare calvizie, pseudo-vagina e uretra che si richiudono e altri effetti) sa che c'è ben poco da idealizzare e glitterare.
Il fatto è che se Time, Rolling Stone, People, Il Corriere della Sera e tutti gli altri media stappano lo champagne, rappresentando la condizione T come "favolosa", ci saranno migliaia di ragazzine determinate a sfuggire "la casa in fiamme" (vedere qui) del diventare donne scegliendo la transizione (in 8 casi su 10 oggi si tratta di transizioni FtM). Bambine spesso afflitte da problemi psichiatrici -in particolare disturbi dello spettro autistico, disturbi dell'alimentazione e così via, vedere qui- indotte a leggere la propria sofferenza come "essere nate nel corpo sbagliato" e a implorare i bloccanti della pubertà per non dover affrontare la naturale transizione in un corpo di donna.
Il fatto è che se Time, Rolling Stone, People, Il Corriere della Sera e tutti gli altri media continuano a oscurare notizie come quelle della sentenza Keira Bell, del fenomeno in crescita delle ragazze detransitioner (vedere qui), di tutte quelle che ci sono passate per poi rendersi conto di avere fatto o di essere state indotte con una diagnosi frettolosa a una scelta sbagliata e che invece avrebbero avuto bisogno di amore, supporto, comprensione, di essere aiutate ad accettare la propria omosessualità, e anche di lotta politica per la libertà femminile (vedi qui) e per la libera significazione di sé come donne contro i cosiddetti stereotipi di genere -non di bisturi e testosterone, che questi stereotipi li rafforzano- ebbene, se i media fanno questo si assumono una pesante responsabilità.
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Marina Terragni
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