Lo scorso 2 luglio 2022 in occasione del Gay Pride il sindaco di Milano Beppe Sala annunciava pubblicamente dal palco della manifestazione di avere “da ieri riattivato il riconoscimento dei figli nati in Italia da coppie omogenitoriali. È con grande gioia che ho firmato ieri io personalmente nel mio ufficio” aggiungendo che “Milano vuole essere la capitale dei diritti e dei doveri!”.
La pratica dell’utero in affitto -o gestazione per altri- non può essere a nessun titolo considerata un diritto. In Italia costituisce infatti un reato ai sensi della legge 40/2004 (art. 12, comma 6): “Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro”.
Tutte le successive sentenze in materia ribadiscono senza eccezioni in modo inequivoco il divieto e la condanna della gestazione per altri, pratica a cui è attribuito un «elevato grado di disvalore» in quanto «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane» (Corte Costituzionale, sentenza 272/2017).
Nel maggio scorso una risoluzione del Parlamento Europeo ha ribadito e rafforzato la condanna della pratica “che può esporre allo sfruttamento le donne di tutto il mondo, in particolare quelle più povere e in situazioni di vulnerabilità” e ha richiesto all’Unione e agli stati membri di analizzare “le dimensioni di tale industria” e soprattutto di introdurre “misure vincolanti volte a contrastare la maternità surrogata, tutelando i diritti delle donne e dei neonati”.
Lo Stato italiano non riconosce in quanto contrari all’ordine pubblico gli atti di nascita formati all’estero di bambini nati mediante detta pratica, indifferentemente dal fatto che venga intrapresa da coppie eterosessuali o omosessuali, nonché gli atti di nascita di bambini nati per iniziativa di coppie di donne mediante tecniche di fecondazione assistita: per il/la partner del genitore biologico viene indicata la strada dell’adozione in casi particolari (Cassazione a Sezioni Unite, sentenza 12193/2019) oggi pienamente legittimante.
In mancanza tuttavia di una legislazione nazionale ad hoc nonché di precise direttive da parte del Ministero degli Interni, detti atti vengono talora registrati per iniziativa autonoma delle amministrazioni locali creando una situazione a macchia di leopardo: se la Prefettura di Torino ha recentemente bloccato l’iniziativa del sindaco di trascrivere questi atti, non risultano iniziative analoghe da parte dalla Prefettura milanese che a quanto pare non si sarebbe ancora pronunciata riguardo all’iniziativa del sindaco di Milano.
L’autonoma decisione di Beppe Sala sembra esulare dai poteri comunali e dagli incarichi conferitigli in qualità di Sindaco. Ai sensi dell’art. 117 della Costituzione, infatti, lo Stato detiene il potere di legislazione ESCLUSIVA “in materia di cittadinanza, stato civile, anagrafe”.
Non è noto allo stato attuale quanti atti di nascita di figli di “coppie omogenitoriali” siano stati registrati dall’anagrafe milanese, né quanti di questi atti di nascita riguardino nate e nati da utero in affitto.
Benché normalmente orientate alla ricerca di soluzioni politiche, constatata l’impossibilità di un confronto con il sindaco di Milano riguardo alla sua iniziativa unilaterale, come Rete per l’Inviolabilità del Corpo Femminile non vediamo altra strada che rivolgerci alla magistratura con un esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Milano perché valuti la eventuale sussistenza di una o più fattispecie di reato, e nel caso ritenga di perseguire penalmente i soggetti responsabili tra i quali anzitutto il sindaco Beppe Sala.
Esprimendo l’auspicio che il Parlamento legiferi finalmente in modo inequivoco in materia, tenendo ben fermo il punto che il primo interesse del bambino (a tutela del quale, si sostiene, questi atti di nascita vengono registrati) è piuttosto quello di non essere fatto oggetto di mercato, di non essere separato alla nascita dalla madre che lo ha partorito e di conoscere la verità sulle proprie origini; sottolineando che qualunque madre dichiari il falso sulla paternità del proprio figlio è perseguibile per falso in atto pubblico, pertanto il trattamento riservato alle coppie omogenitoriali si configurerebbe come “diseguale” in contrasto con l’art. 3 della Costituzione che ci vuole uguali davanti alla legge; avendo ben presente che la registrazione integrale di questi atti di nascita realizzati all’estero rimuove di fatto un significativo ostacolo al ricorso alla pratica dell’utero in affitto, finendo anzi per normalizzarla e incoraggiarla, attendiamo con fiducia una pronuncia della magistratura.
RETE PER L'INVIOLABILITA' DEL CORPO FEMMINILE