Quando qualcuno mette in dubbio la correttezza degli atleti nati uomini che gareggiano con le donne, questi solitamente rispondono che la loro performance è peggiorata dopo la “transizione di genere”.
A parte il fatto che le gare sportive sono divise per sesso in base alla differenza sessuale dei corpi di uomini e donne e non in base a parametri di performance, è vero che l’abbassamento del livello di testosterone peggiorerebbe i risultati degli atleti uomini che dicono di “sentirsi donne”?
La decisione del CIO di ammettere questi uomini alle gare femminili ha fornito una serie di dati, da quelli fisici (si veda questo studio pubblicato su Sports Medicine) a quelli tecnici.
Vi presentiamo uno studio del ricercatore statistico-demografico Marco Alciator, condotto sui risultati dell’atleta Petrillo prima e dopo la “transizione” e il conseguente passaggio di categoria da maschile a femminile.
Maria Celeste
______________________________________
Il motto olimpico “Citius, Altius, Fortius”, ossia più veloce, più in alto, più forte si sta trasformando in un incubo per le atlete perché potrebbero sempre più spesso vederlo applicato come troppo veloce, troppo alto e troppo forte.
Di cosa stiamo parlando? Della possibilità data agli uomini che dicono di “sentirsi donne” di competere nelle gare sportive femminili (e viceversa, in teoria) se rispettano le linee guida del CIO, Comitato Olimpico Internazionale, secondo le quali è sufficiente fare una “autodichiarazione di genere” non modificabile per 4 anni e avere un livello di testosterone inferiore ai 10 nanomoli per litro (5 nmol/L per l’atletica) nei 12 mesi precedenti.
Questo dovrebbe garantire una concorrenza equa tra gli atleti nelle gare ma così non è, e l’iniquità si evidenzia quando i maschi biologici partecipano alle gare femminili, nelle quali per fisicità, forza e velocità continuano a presentare un
importante vantaggio.
ITALIA – ANALISI DELLE PRESTAZIONI DI PETRILLO SUI 200 E 400 METRI PIANI
Anche in Italia, Fidal (Federazione Italiana di Atletica Leggera) e Fispes (Federazione Italiana Sport Paralimpici e Sperimentali) hanno recepito le linee guida del CIO, permettendo a Fabrizio Petrillo di passare alla categoria femminile come Valentina, avendo abbassato il suo testosterone al livello richiesto sia pure rimanendo Fabrizio all’anagrafe.
Petrillo è ipovedente per la malattia di Stargardt, e partecipa sia alle gare per normodotati che alle gare paraolimpiche, in passato T12 poi T13. E’ in questa veste che potrebbe partecipare agli imminenti Giochi Olimpici di Tokyo.
Di seguito esaminiamo la storia sportiva di Petrillo partendo dai risultati delle gare estratti dal sito Fidal (non Fispes). (Fabrizio Petrillo qui, Valentina Petrillo qui).
Confrontando i migliori tempi stagionali di Fabrizio Petrillo sui 200 metri con quelli dei campioni master della sua categoria d’età il ritardo è pari a 3”12 centesimi nel 2016, 2”49 centesimi nel 2017 e 1”83 centesimi nel 2018.
A seguito dell’abbassamento del livello di testosterone, in pista Valentina Petrillo nel 2020 riesce a correre 51 centesimi più veloce di Cristina Sanulli (v. grafico 1).
In termini cronometrici nel periodo 2016-2018 Petrillo registra tempi con una media di circa 25”50 e solo in gare di livello regionale, nel periodo 2020-2021 la sua media diventa di circa 27”. Su questa distanza e in questa categoria la differenza di tempi tra atleti e atlete leader è di circa 3 secondi e mezzo (23”30 vs 26”80), se dunque Petrillo avesse peggiorato di un secondo e mezzo la sua prestazione media avrebbe conservato un vantaggio di circa due secondi nel passaggio da categoria maschile a quella femminile.
La conferma diretta si è avuta ai Campionati Master di atletica di Arezzo disputati a ottobre 2020, nei quali Valentina Petrillo riesce a imporsi su atlete del calibro di Cristina Sanulli e Denise Neumann entrambe con titoli mondiali ed europei master conquistati. Le due atlete da sportive sono salite sul podio per evitare polemiche ma hanno poi dichiarato che sentivano di non avere gareggiato alla pari. Grazie all’avv. Fausta Quilleri anche lei campionessa di atletica insieme ad altre venti atlete hanno firmato una petizione per chiedere che atleti nati uomini vengano ammessi alle gare femminili esclusivamente fuori concorso.
Alla notizia di questa e altre vittorie viene dato ampio risalto nella cronaca sportiva (e non solo) in termini entusiasti come “diritti delle donne e delle persone trans”, “coronare il sogno” , “speranza italiana per le paralimpiadi di Tokyo” , “la lotta per il riconoscimento e la non discriminazione delle persone transgender oggi può segnare una vittoria storica” e così via.
Analogamente guardiamo i tempi forniti dalla Fidal sui 400 metri. Nel 2017 il distacco tra il miglior tempo di Petrillo e il campione master di categoria maschile è di 7 secondi, mentre nel 2020 nel confronto con la campionessa master il ritardo si riduce a 1”50 centesimi. (v.grafico 2). Anche nel confronto cronometrico la media dei suoi tempi 2021 rispetto a quella del 2017 post-terapia ormonale risulta più lenta di circa 2 secondi (59”74 a 1’02”12) e l’ultima prestazione sul giro di pista a maggio 2021 è di poco superiore al minuto (1’00”31). In base ai dati disponibili e analizzati non si trovano riscontri alla seguente affermazione dell’atleta: “Ho perso 12 secondi rispetto a quando correvo contro gli uomini e senza i vincoli di testosterone. Preferisco però essere una donna più lenta che corre i 400 metri, ma felice, rispetto all’essere un uomo più veloce ma triste”.
Su questa distanza e in questa categoria la differenza di tempi tra atleti e atlete leader è di circa 8-10 secondi, se come sembra il rallentamento dell’atleta Petrillo è stato di circa due secondi avrebbe comunque ottenuto un vantaggio di 6-8 secondi nel passaggio da categoria maschile a quella femminile.
La vicenda è stata presentata anche su Rai1 nella trasmissione pomeridiana ItaliaSì e Petrillo ha ricevuto complimenti per i risultati e la scritta in sovraimpressione riportava: Valentina Petrillo: “Ero un uomo. Ma non protestate”. L’enfasi dei titoli sui quotidiani, le celebrazioni sui social, un libro e un film sono iniziative lecite, ma davvero fuori luogo visto quanto abbiamo detto. Ciò che non è accettabile è che sulla tv pubblica passi alle atlete il messaggio di non poter protestare sulla mancanza di equità dei criteri di gara con la prospettiva concreta di vittorie e podi che sfumeranno ingiustamente, loro che si allenano tutti i giorni, hanno livelli di eccellenza da anni, cercano di far sentire con difficoltà la loro voce.
Le atlete non possono protestare, le donne non possono protestare.
Meglio seguire il consiglio di Maya Forstater, ricercatrice e femminista radicale, “siate più coraggiose oggi di quanto lo siete state ieri”. In questo contesto: siate più coraggiose oggi di ieri, per partecipare domani a competizioni eque, più forti, più in alto e più veloci che mai.
Marco Alciator