Uomini che dicono basta al porno: nascono app e psicoterapie per aiutarli
Giovani uomini sempre più consapevoli dei danni della pornografia. Dopo l’impennata di consumo di porno durante il Lockdown, in UK boom di servizi per smettere: dalla psicoterapia alle app che bloccano i contenuti sessuali. Ma la dipendenza comincia da giovanissimi
Durante il Lockdown il consumo di pornografia ha avuto un’impennata: nel marzo 2020 il sito Pornhub, per esempio, ha registrato un’improvvisa crescita del traffico di oltre il 20%. In quel periodo un maggiore numero di uomini ha sviluppato una dipendenza dalla pornografia, e ne ha sperimentato sulla propria pelle le conseguenze: depressione, disfunzione erettile e problemi nelle relazioni.
Gli uomini allora si sono ritrovati a dover dare ragione alle femministe: il porno fa male. E dal momento che in questo caso fa male a loro stessi, sono corsi velocemente ai ripari. Dopo la prima estate di pandemia, è nata così una piccola “industria casalinga” che offre prodotti tecnologici e terapie a questi uomini che vogliono liberarsi dal porno.
Gran parte dei nuovi prodotti tecnologici contro la pornografia sono creati da uomini per uomini. Si tratta soprattutto di software o app che bloccano i siti pornografici e i contenuti sessuali sui social media e sul web, come la app Remojo di Jack Jenkins, intervistato dal Guardian. Il giovane imprenditore britannico racconta di aver deciso di smettere di guardare porno come parte di un percorso di meditazione buddhista, e di essersi accorto che c’erano molti altri uomini che ne sentivano il bisogno, tanto da rappresentare una nicchia di mercato.
La app, che blocca il porno e offre come alternativa “contenuti per la meditazione e la crescita personale”, intercetta anche quegli uomini che per imbarazzo non si rivolgono ai tradizionali servizi di supporto per la dipendenza o la salute mentale. Jenkins racconta che più di 1200 uomini al giorno scaricano la sua app, anche dall’estero, in particolare da Stati Uniti, Brasile e India, e una parte di loro sono motivati dall’essere recentemente diventati padri. L’imprenditore sostiene di non ispirarsi ad alcuna morale, di non essere necessariamente anti-pornografia o anti-masturbazione: “Il fatto è che se gli uomini pensano a come sono al loro meglio, di solito è quando sono senza porno”.
Il Guardian intervista anche la psicoterapeuta Paula Hall, specializzata in dipendenza da sesso e da pornografia, il cui studio ha visto un aumento di oltre il 30% delle richieste nell’anno successivo all’inizio della pandemia e ha assunto cinque nuovi terapisti. La dott.ssa Hall segue l’approccio tradizionale che considera la dipendenza da pornografia come “un sintomo, un meccanismo di coping, un anestetico”. Il lavoro dello psicoterapeuta sarebbe dunque di individuare e di “parlare della causa principale del problema e poi ricostruire un rapporto sano con il sesso”.
La dipendenza da pornografia è considerata un “comportamento sessuale compulsivo”, e in quanto tale nel 2018 è stata classificata come disturbo della salute mentale dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Alcuni studi che hanno esaminato gli effetti della pornografia sul cervello sembrano confermare che ha le caratteristiche delle dipendenze (vedere qui). Altri studi invece hanno evidenziato che il cervello dei consumatori regolari di pornografia ha un sistema di ricompensa più piccolo, da cui consegue bisogno di materiale sempre più estremo per eccitarsi (vedere qui).
Il problema di fondo che emerge dalle interviste del Guardian ai professionisti della cura dalla pornografia e ai loro pazienti-clienti è che questa loro presunta dipendenza è cominciata quando erano bambini, ha disturbato la loro crescita e le loro relazioni con le donne, e sono passati molti anni prima che si decidessero ad affrontare il problema.
“Penso spesso che se ci fosse stato un filtro su internet quando avevo 13 anni, ora sarei sposato con figli e non avrei questa conversazione” dice per esempio James, un paziente della dott.ssa Hall, che a sua volta dichiara: “Dobbiamo rassegnarci al fatto che un ragazzo determinato troverà sempre un modo per battere il sistema, ed è per questo che dobbiamo anche educare.” Anche Jenkins, l’imprenditore della app per bloccare la pornografia, afferma: “Non possiamo dare ai bambini la responsabilità per avere interagito con questi contenuti. È vergognoso che accettiamo la situazione così com'è”.
Chi a vario titolo rimane coinvolto nel problema della pornografia sembra invariabilmente convincersi della necessità di regolamentare l’industria, almeno per bloccarne l’accesso troppo facile ai bambini. Nel 2019 il governo britannico aveva elaborato una proposta per costringere i siti pornografici a introdurre la verifica dell'età sono, il progetto però è fallito per le pressioni dell’industria pornografica in nome della “tutela della privacy” (vedere qui). Il Regno Unito spera ancora di introdurre una qualche forma di regolamentazione. Nel frattempo, spetta ai genitori abilitare i filtri su telefonini e computer, e sperare che i loro figli non accedano alla pornografia altrove.
Maria Celeste
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