Domani, martedì 6 luglio, conosceremo il destino del ddl Zan. Vedremo se una mediazione sul testo sarà possibile o se invece Pd e 5Stelle decideranno di andare in battaglia in aula avvolti nella bandiera della gender identity.
Per almeno un anno abbiamo cercato un'interlocuzione per proporre alcuni cambiamenti nel testo. Eravamo davvero convinte che un dialogo costruttivo fosse possibile, anche per l'ottima ragione che la gran parte di noi proviene dal centrosinistra o ne fa parte.
Abbiamo trovato solo muri, sbeffeggiamenti e insulti a cominciare dallo stesso Zan, che insieme a Cirinnà e Boldrini ci ha più volte liquidato come "residuali" e irrilevanti, oltre al deliberato e tenace non ascolto da parte dei segretari Pd in successione, prima Zingaretti e poi Letta.
Alcune di noi studiano da molti anni la questione dell'identità di genere e l'impatto delle legislazioni gender friendly sulla società nel suo complesso e su donne, bambine e bambini in particolare. Siamo collegate ad organizzazioni femministe di molti Paesi, come ContraBorrado in Spagna e Cawsbar in Canada, facciamo parte della rete globale gender critical WHRC che conta quasi 20 mila iscritte e raccoglie centinaia di associazioni nel mondo. In breve, ne sappiamo moltissimo, ne sappiamo più di tutti, e il nostro Feminist Post insieme ad altri siti internazionali raccoglie tutte le informazioni necessarie a farsi un'idea.
L'intenzione era mettere il nostro patrimonio di conoscenza a disposizione dei parlamentari che verosimilmente di queste faccende non si sono mai occupati. Non ha funzionato. L'unica breccia nel centrosinistra è stata aperta da Italia Viva, impegnata da qualche tempo in un tentativo di mediazione.
Nelle ultime settimane al nostro interno si sono delineati due diversi punti di vista: una parte di noi ha ritenuto di continuare a cercare l'interlocuzione, in particolare con il Pd, nell'intento di cambiare il ddl Zan per "salvarlo"; altre si sono orientate diversamente nella convinzione che non ci fosse più nulla da salvare e nessun dialogo da perseguire, avendo constatato un'assoluta indisponibilità. E si sono coagulate intorno alla proposta di ripescare il "vecchio" ddl Scalfarotto che potrebbe garantire un'ottima e semplice legge contro i crimini omotrasfobici senza introdurre surrettiziamente l'autodeterminazione di genere. Io ero fra queste, e ho rilanciato in ogni occasione -qui, sui giornali, in Senato- l'ipotesi Scalfarotto.
Italia Viva ha ritenuto che fosse una buona idea, ne ha fatto la propria proposta di mediazione rilanciandola al tavolo del Senato, e domani si andrà al vaglio definitivo: o si media o si va alla conta in aula.
Mentre non mancano aperture da parte del centrodestra, il Pd sembra arroccato sul testo Zan. Difficile da comprendere, per almeno due ragioni: 1. anche il ddl Scalfarotto nasce nel centrosinistra, fa parte del suo patrimonio, fu sottoscritto dallo stesso Zan e garantirebbe un'efficace tutela contro l'omotransfobia 2. il ddl Scalfarotto troverebbe una maggioranza in Senato -anche Salvini converge sul testo- mentre il ddl Zan no.
Un argomento da parte del Pd è che il ddl Scalfarotto lascerebbe senza tutela le persone transessuali. Assolutamente infondato: il ddl Scalfarotto nomina esplicitamente la transfobia, mentre il ddl Zan non lo fa; e del resto sarebbe ben strano se il ddl Scalfarotto -ripetiamo, sottoscritto a suo tempo dallo stesso Zan- avesse voluto lasciare senza tutela le persone trans.
Si tratta, come è evidente, di argomenti pretestuosi. La vera questione sono i rapporti di forza tra Pd e Italia Viva da una parte e il centrodestra dall'altra. Ma l'esito del braccio di ferro politicistico ed elettoralistico potrebbe essere rovinoso proprio sul fronte della lotta contro l'omotransfobia. Meglio nessuna legge, se non è la legge Zan?
La non-mediazione con conta in aula potrebbe significare non soltanto l'affossamento del ddl Zan, ma anche la rinuncia definitiva a una legge almeno in questa legislatura. Se poi, come da sondaggi, la prossima fosse una legislatura con maggioranza di centrodestra, di leggi contro l'omotransfobia non si parlerebbe proprio più.
Se invece, ma è altamente improbabile, la conta in aula dovesse essere a favore del ddl Zan, si creerebbe un notevole problema nell'attuale maggioranza di governo, con possibili ricadute sul altri fronti.
Non ci sono, per concludere, ragioni sensate per dire no alla buona legge contro l'omotransfobia che sarebbe garantita dalla proposta Scalfarotto e che potrebbe essere rapidamente approvata. La speranza è quindi che il Pd accetti la mediazione.
Quanto invece all'identità e all'autocertificazione di genere, che come dicevamo il ddl Zan presumeva di introdurre in modo del tutto surrettizio: si tratterebbe di un vero e proprio civilization change in direzione del transumanesimo, progetto che nulla ha a che vedere con il rispetto e la tutela delle persone omosessuali e transessuali.
Chi vuole questo dovrebbe piuttosto proporre una riforma della legge 164/82 che regola i percorsi per le persone transessuali per introdurre l'autocertificazione di genere senza perizie o sentenze, tema sul quale non si può pensare di prendere scorciatoie, e che richiede una lunga e attenta riflessione.
L'orizzonte transumano non è affatto un destino ineluttabile. Ci sono altre possibilità.
Il femminismo, per esempio, ha in mente ben altra idea di civiltà, un neoumanesimo a radice femminile in cui le relazioni e la dipendenza tra i viventi sostituiscano l’illusione dell’individuo transumano sciolto da ogni legame, perfino da quello con il proprio corpo, precario assoluto, consumatore e produttore fungibile secondo le necessità del mercato.
Come si vede c'è molto da discutere. Tutto questo non ha niente a che vedere con la legittima richiesta di maggiori tutele per le persone omosessuali e transessuali.
Marina Terragni