Tempo fa abbiamo pubblicato “Perché permettere a uomini di competere con le donne?” lettera aperta di Linda Blade al Comitato Olimpico.
Linda ha l'esperienza di una vita nell'atletica, ma anche una grande conoscenza scientifica su come i corpi sono costruiti e su come si muovono. Con il suo dottorato in Kinesiologia e la sua esperienza professionale, è stata una grande attivista per la protezione degli sport femminili con numerose apparizioni nei media al suo attivo, tra cui un dibattito Munk con Joanna Harper, uomo trans-identificato canadese e principale sostenitore dell'auto-identificazione che ha influenzato il Comitato Olimpico ad ammettere gli uomini negli sport femminili.
Linda ha recentemente pubblicato Unsporting: How Trans Activism and Science Denial are Destroying Sport, bestseller in Canada nonostante non abbia avuto alcuna pubblicità su nessun media canadese.
Linda combatte per le atlete canadesi con il gruppo di advocacy monotematico caWsbar (Canadian Women's Sex-Based Rights) e può essere trovata su Twitter, @coachblade.
Linda Blade ha avuto una lunga carriera, prima come atleta e poi come allenatrice sportiva. Le abbiamo chiesto di parlarci un po' di più del suo lavoro finalizzato a educare le ragazze e le donne a fare sport.
"Per le atlete donne" dice Blade "è importante avere una dimensione individuale. Nei momenti di competizione non sono figlie, sorelle, madri o mogli, ma atlete. E naturalmente meritano di essere rispettate per la loro abilità e dedizione.
A volte, poiché hanno esperienze diverse dagli uomini, anche l'incoraggiamento che serve è diverso. Per esempio le donne vengono educate ad essere modeste e schive, e le atlete tendono a mettere in dubbio le proprie capacità fisiche, anche se spesso imparano nuove abilità più velocemente e meglio dei maschi! Hanno bisogno di un maggiore addestramento alla fiducia in se stesse e all'autostima. Lo sport diventa un modo per imparare a gestire meglio sia la vittoria che la sconfitta. Così, quando vincono, hanno bisogno di supporto per sapere che si sono guadagnate la vittoria e che il loro orgoglio è legittimo. Quando perdono, hanno bisogno di imparare a non prenderla sul personale e a rendersi conto che possono usare l’esperienza per migliorare la prossima volta. Sia vincere che perdere insegnano alle donne come sviluppare strategie per gestire un'intensa pressione fisica, come fare una buona performance sotto grande stress, e come tenere le loro emozioni a distanza e non identificarcisi.
Abbiamo chiesto a Linda anche come è stata coinvolta nel problema degli uomini che dicono di “sentirsi donne” e quindi sono stati autorizzati a competere negli sport femminili.
Linda racconta di avere incontrato per la prima volta l'assurdità dell'ideologia di genere nello sport nel 2018, in qualità di presidente di Athletics Alberta (organo governativo per l’atletica leggera dello stato di Alberta, Canada). Faceva anche parte di un comitato nazionale su genere e politica. A quel tempo, l'auto-identificazione non era ampiamente compresa dal pubblico canadese, e Linda fu scioccata nel sentire che gli atleti maschi potevano competere come donne.
“Ho detto agli altri leader sportivi presenti al tavolo - erano tutti uomini: ‘Dite sul serio?! Ma dai! Voi ragazzi sapete che questa politica non funzionerà! Conosciamo tutti la differenza tra maschi e femmine. Sappiamo tutti che i record mondiali degli uomini superano di gran lunga quelli delle donne. Perché ne stiamo parlando?’ Con mio shock e stupore, invece di dichiararsi d'accordo con me, si sono guardati le mani e hanno scrollato le spalle, dicendomi che probabilmente non avremmo avuto altra scelta che accettare questa politica se i gruppi sportivi volevano continuare a ricevere finanziamenti dal governo. Ero arrabbiata. Non solo con il governo, ma anche con questi codardi che si definiscono ‘leader’.”
Naturalmente l'orrore di Linda aumentò quando si rese conto che questa politica scandalosa era approvata dal CIO (Comitato Internazionale Olimpico) e da numerosi altri Paesi e associazioni sportive.
Linda è canadese, ma ha vissuto e lavorato in giro per il mondo. Le abbiamo chiesto di raccontarci delle sue esperienze internazionali.
Nata in Bolivia, è lì che da bambina Linda ha sviluppato la passione per il calcio, giocando nei campi e nelle strade. Da adolescente i ragazzi contro cui aveva giocato non la vollero più in squadra, quindi cercò invano una squadra di calcio femminile. Fortunatamente venne accolta dagli atleti di atletica leggera incontrati in uno stadio vicino, diventando campionessa boliviana a 15 anni. Vinse una borsa di studio negli Stati Uniti, prese altri titoli e diplomi e divenne docente e allenatrice per il Worldwide Development Program della Federazione Internazionale di Atletica Amatoriale (IAAF). È in questa veste, viaggiando per il mondo, che è diventata ancora più consapevole della necessità vitale per le donne di accedere al loro potenziale atletico.
In Guyana ha tagliato bambù per insegnare il salto con l'asta e ha raccolto noci di cocco vuote per i lanci. In Sri Lanka ha allenato sotto sorveglianza armata come protezione contro l'insurrezione civile. A Teheran, ha insegnato nel primo corso per sole donne della IAAF, organizato perché le partecipanti potessero gareggiare senza l'hijab.
Durante il suo periodo a Teheran Linda ha incontrato ripetutamente leggi sulla modestia e norme patriarcali che opprimevano le donne, dall'essere obbligate ad usare gli spazi di allenamento nelle ore più calde della giornata, all'essere limitate dalla presenza degli atleti maschi durante l'allenamento. Le donne con cui Linda ha lavorato hanno mantenuto vivo il loro amore per l'atletica nonostante tutte le avversità. La loro generosità e la loro dedizione contrastano nettamente con gli atteggiamenti di troppe persone che in Paesi apparentemente più liberali cederebbero volentieri ciò che non è loro al servizio dei diritti di maschi disonesti.
Tania Alessandrini
Traduzione di Maria Celeste