Keira Bell, con la sua battaglia contro la grande gender clinic londinese Tavistock, è diventata il simbolo delle migliaia di giovani donne mutilate e danneggiate a vita perchè non conformi agli stereotipi della femminilità. Oggi vi raccontiamo che cosa succede ai genitori di bambine come è stata Keira Bell attraverso le parole di una psichiatra che ha una di queste madri in cura.
Miriam Grossman è una psichiatra infantile che lavora da decenni sul problema della sessualizzazione dei bambini -di cui la « transizione di genere » è una forma- ed esprime pubblicamente le sue posizioni critiche su identità di genere e sul resto della « trans umbrella » (« sex work », pornografia, utero in affitto, etc.). Pur essendo specializzata in bambini e adolescenti, in un recente articolo scrive che viene contattata sempre più spesso da un nuovo tipo di pazienti : i genitori di cosiddetti «bambini trans».
Grossman racconta “dall’interno”che cosa succede quando tuo figlio -o, sempre più spesso, tua figlia- comincia a dire di essere «trans», e quali sono state le conseguenze psicologiche per una delle sue pazienti, madre di una adolescente FtM. Ecco un estratto dell’articolo.
I miei pazienti [...] sono scioccati, sopraffatti, confusi e ansiosi. Non dormono e non mangiano. Molti hanno un disturbo da stress post-traumatico.
[...]
Dopo l'annuncio bomba del loro adolescente, la maggior parte dei genitori si rivolge inizialmente a terapisti o cliniche di genere. La stragrande maggioranza di questi dice loro che devono accettare incondizionatamente l'identità scelta dalla figlio o dal figlio, usare un nuovo nome e «aiutare Sara a legarsi il seno e Michael a nascondere i genitali».
I genitori obiettano, suggerendo un processo più lento e un'esplorazione più profonda. Insistono: « Conosciamo nostra figlia (nostro figlio)! » Gli ideologi respingono l’istinto dei genitori. Vedono il loro disagio, ma lo spazzano via.
Per questi terapeuti i genitori sono il problema. Non l'ansia sociale del bambino, l'autismo, il pensiero irrazionale o la dipendenza dai social media. No, il problema è il rifiuto di mamma e papà di abbracciare l'identità che l'adolescente dichiara da due settimane e di permettere al bambino di condurre i giochi.
Il terapeuta comunica questa valutazione ai genitori, a volte di fronte alla bambina-o. Così facendo, lo « specialista » dell’identità di genere infierisce pesantemente su una famiglia in crisi che si è rivolta a lui con speranza e fiducia: mina l'autorità dei genitori e indebolisce il legame genitori-figli.
Come se non bastasse, li rinvia, dopo una valutazione frettolosa e incompleta, a un endocrinologo per dei farmaci bloccanti della pubertà. « Sono sicuri e reversibili» il terapeuta rassicura i genitori. «Il vostro bambino ne ha bisogno ora. Anzi, è già tardi».
Parla con autorità e sicurezza: «Questi farmaci hanno ormai il consenso dei professionisti», spiega. «Se li rifiutate, il rischio di perdere vostro figlio per suicidio aumenta».
Il terapeuta prospetta questo rischio per la loro bambina, o il loro bambino - il centro della loro vita, la cosa più cara! Il « professionista » ha passato solo un breve periodo con lui o lei, ma sa cosa è meglio.
I genitori tornano a casa, con le emozioni in subbuglio. Alcuni decidono di fidarsi dell'esperto e si precipitano nello studio dell'endocrinologo, firmando il consenso per i farmaci che impediranno lo sviluppo fisico, emotivo, sessuale e cognitivo della (del) loro adolescente. La loro bambina sembra felice, pregano che duri.
Altri si immergono nella ricerca. Prima o poi rimangono sorpresi nell'apprendere la verità: se gli adolescenti passano attraverso la pubertà naturale c'è un 60-90 per cento di possibilità di «desistenza» (superare l’idea di «essere nati in un corpo sbagliato», ovvero di «essere trans», NdT). Cambiare nomi, pronomi e presentazione sociale può portare a una veloce deriva e diminuire la [percentuale di] desistenza. Una volta che il minore comincia a prendere i bloccanti della pubertà, la desistenza è molto rara.
I bloccanti sono controversi, sono già stati oggetto di cause legali, e il loro uso off-label in bambini sani è sperimentale (uso off-label, ovvero un uso diverso da quello per cui il farmaco e` stato approvato: nel caso dei bloccanti della pubertà, per esempio la castrazione chimica di condannati per reati sessuali in alcuni paesi, NdT). C'è un rischio di suicidio negli adolescenti che mettono in discussione il genere, ma non ci sono prove che questo rischio si abbassi con la transizione.
I genitori apprendono che il Regno Unito, la Svezia e la Finlandia hanno esaminato attentamente i pericoli del trattamento ormonale dei minori e la loro capacità di dare il consenso informato per tali trattamenti. Come risultato, questi paesi hanno fatto un'inversione a U nelle loro politiche: i giovanissimi pazienti devono aspettare fino ai 18 anni per l'intervento medico. Preoccupazioni simili vengono dalla Nuova Zelanda e dall'Australia.
In conclusione: i genitori che guardano oltre i terapisti e le cliniche di genere scoprono che c’è un acceso dibattito su come aiutare bambine e bambini come i loro. «C'è consenso tra gli esperti, ci è stato detto. State scherzando? Non c'è nessun tipo di consenso ! »
Così i genitori cercano un terapeuta che non affermi immediatamente la nuova identità, ma che invece la prenda lentamente, che conosca la loro bambina e che capisca perché l’idea di avere una nuova identità la attragga così tanto. Un terapeuta con un approccio più cauto e sfumato: i genitori vogliono non vogliono che questo. Un altro shock: non ce n’è quasi nessuno.
Tra psichiatri, psicologi, assistenti sociali e consulenti, ci sono più di un milione di terapeuti in questo paese. Ho trovato un gruppo di terapeuti che praticano la terapia esplorativa a lungo termine per i giovani che si interrogano sul genere, e ci sono solo 60 membri, molti dei quali fuori dagli Stati Uniti.
L’esperienza della mia paziente "Cheryl", un esempio di madre traumatizzata. La sua figlia autistica di 18 anni, l'unica figlia, si identifica come uomo e prende testosterone da sei mesi. Cheryl è convinta che lei e suo marito siano stati ingannati da una clinica di genere e che "Eva" non abbia avuto valutazioni e terapie adeguate. Per la prima volta nella sua vita, Cheryl sta prendendo degli psicofarmaci per l’insonnia, per l’ansia e per il costante pianto.
Cheryl sente di avere tutti contro: Eva, i membri della famiglia, gli amici, le scuole, i medici, i terapisti, i politici, i media e la cultura. Su quanti fronti alla volta si può combattere da soli?
I medici dell’ospedale Johns Hopkins dicono a Cheryl di abbracciare il "senso di sé in evoluzione" di sua figlia. Ma quando ha sentito per la prima volta la voce di Eva resa più bassa dal testosterone, Cheryl ha vomitato. Eva farà una doppia mastectomia, la data è già fissata: il pensiero la inonda di panico e orrore. Teme per la salute fisica ed emotiva di sua figlia, compresa la sua salute sessuale.
Cheryl soffre anche per i nipoti che non avrà mai. Ma non c'è niente da fare. Orrore, paura, impotenza e dolore sono i compagni costanti di Cheryl, tranne nei giorni in cui si sente semplicemente stordita dai farmaci.
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Traduzione di Maria Celeste