Qualche giorno fa la femminista radicale e gender critical Sheila Jeffreys ha tenuto un talk per Women’s Declaration International (WDI) dal titolo: "Non possiamo salvare il gender e abolire il transgenderismo”.
Secondo Jeffreys finché non ci libereremo degli stereotipi della femminilità e dai tradizionali canoni di bellezza, la lotta contro la libera identità di genere sarà destinata a fallire.
Anche sul tema della bellezza il femminismo è sempre stato un campo di battaglia, e continua a esserlo: una dialettica tra chi, come Jeffreys, legge le regole della bellezza come mera oppressione patriarcale; e chi invece, su posizioni meno radicali, intende salvare la bellezza femminile individuando altri canoni: come abbiamo scritto qui, per le donne iraniane la bellezza è un'arma di lotta.
La lotta contro gli stereotipi di genere comporta la rinuncia a quella che oggi si intende come bellezza femminile, imitata dal travestitismo maschile, o l'invenzione di un'altra idea di bellezza?
Una discussione stimolante.
Ecco il resoconto del talk di Sheila Jeffreys.
Secondo Jeffreys “nella campagna internazionale femminista contro l’identità di genere c’è una questione importante di cui non si parla mai, e cioè se possiamo contrastare in modo efficace il movimento per i diritti degli uomini se non riconosciamo che il problema degli uomini che imitano le donne è integralmente legato a pratiche di subordinazione imposte alle donne sotto la dominazione maschile. Queste pratiche si chiamano “femminilità” o “genere”, e sono quelle a essere imitate dai travestiti”.
Jeffreys usa il termine travestitismo -e non transgenderismo-, “termine che si applica agli uomini sessualmente eccitati in modo masochistico dal mettere in atto quella che chiamano espressione di genere - o indossare mutandine da donna. Travestitismo è il termine utilizzato dai sessuologi nel XX secolo per riferirsi a uomini con questo fetish sessuale, ed è essenziale non usare un linguaggio che suggerisca che gli uomini possano diventare donne grazie a qualche processo alchemico. La grande maggioranza degli uomini che rivendica l’identità di genere viene eccitata da cose tipo radersi le gambe davanti allo specchio, pratica che per loro è simbolo di subordinazione”.
Entusiasta per il grande numero di donne che sono entrate a far parte del movimento femminista perché determinate a combattere ferocemente il movimento dei diritti dell’identità di genere, Jeffreys ha sottolineato che molte donne sono coinvolte da poco e non conoscono la portata reale della critica del femminismo radicale sul gender. In altre parole considerano l’attivismo contro la gender identity come una cosa diversa dal modo in cui ci si aspetta che le donne si vestano, si depilino ecc. “Se la femminilità “che fanno le donne” è vista come separata, in qualche modo più reale di quella che “fanno gli uomini”, il problema del travestitismo potrebbe essere letto come un farsi strada maschile, a forza e ingiustificatamente, in pratiche che appartengono naturalmente alle donne, e non invece come attiva partecipazione al gioco sessuale dell’oppressione delle donne”.
La differenza tra uomini e donne non è che gli uomini “fanno il femminile” per eccitarsi sessualmente mentre le donne lo interpretano in modo naturale. Gli uomini, certo, lo fanno per piacere sessuale, ma le donne lo fanno per prescrizione culturale. Le costrizioni che le bambine subiscono sin da piccole legano il corpo e legano il cervello. Azzoppano le bambine nella loro sete di avventura e nella ricerca del comfort nel movimento.
Le pratiche della femminilità dei travestiti sono enumerate su vari siti online. Le risorse sono infinite. Si spiega come camminare, posare le mani su una borsa, stare seduti chiudendo le ginocchia e così via. C’è una immensa industria che serve il fetish di questi uomini. La femminilità è intesa come subordinazione. Gli uomini adottano queste pratiche per il piacere del masochismo, si umiliano volontariamente e tutto questo gli provoca deliziose erezioni.
Ciononostante, ha continuato Jeffreys, “ci sono donne, persino femministe, che non vedono queste pratiche come culturalmente imposte e come parte della loro subordinazione, e anzi le considerano accettabili. Non sorprende, dato che le donne vengono indottrinate per tutta la vita. Queste femministe possono non sapere che la critica delle pratiche di bellezza sta alle fondamenta del femminismo radicale. Nel femminismo radicale ciò che sotto la dominazione maschile è visto come naturale e inevitabile, cioè il comportamento della mascolinità e della femminilità, viene invece letto come sistema di relazioni di potere”. La mascolinità è la rappresentazione del potere maschile e la femminilità quella della subordinazione femminile, incluse quelle che Jeffreys chiama corvées sessuali ovvero le pratiche che le donne devono performare sul loro corpo per dimostrare il loro status di seconda classe e per eccitare sessualmente chi le guarda, la classe sessuale dominante.
Alle donne è richiesto dedicare tempo e denaro a queste corvées (truccarsi, depilarsi, fillers, labioplastica ecc), qualcosa di simile alle richieste che opprimevano i servi nell'Europa nel feudalesimo, tutto gratis per il profitto dei padroni. Secondo Jeffreys queste pratiche dovrebbero essere indicate dalle Nazioni Unite sotto la denominazione di pratiche culturali dannose. La pratica paradigmatica è la mutilazione genitale femminile, ma le nostre pratiche di bellezza pur rispondendo agli stessi criteri non sono menzionate perché hanno luogo nelle società occidentali e sembra che le donne possano scegliere liberamente. Ma un livello di vita ed istruzione più alto non le solleva dal dovere.
Un altro esempio di pratica culturale dannosa è la richiesta di nudità, probabilmente l’indicazione più chiara della differenza di status tra donne e uomini: “Guardate come si abbiglia qualsiasi coppia etero quando esce. Lui è vestito, lei seminuda. Questa esibizione di disuguaglianza di potere è così normalizzata che nessuno la nota. Mi addolora profondamente”.
Tutte queste pratiche di bellezza contraddistinguono i membri della classe sessuale inferiore. Da quando Andrea Dworkin ha scritto Woman Hating queste pratiche invece di diminuire sono aumentate, si sono fatte più dolorose (labioplastica) e sono state normalizzate. “Avere il corpo costretto in questa maniera ha un effetto sul modo di pensare. Questo è cruciale da capire. Come possono le donne essere creative e immaginare un futuro se il loro corpo è costretto?”. Anch'io, dice Jeffreys, ho seguito queste pratiche e poi le ho abbandonate.
Dopo che movimento di liberazione ha fatto sì che le donne cominciassero ad abbandonare queste pratiche c’è stato un enorme backlash negli anni 90 con il cosiddetto femminismo di Terza Ondata, che ha celebrato prostituzione e pornografia come "scelte". Non è femminismo. Oggi ricordiamo Dworkin, ma non la sua analisi delle pratiche di bellezza. Non sono in agenda per l’abolizione”. Madonna, che Jeffreys ha mostrato in una slide insieme all’ex marito Ritchie, lui vestito, lei seminuda, ha giocato un ruolo cruciale in questo backlash: “È la perfetta illustrazione di quello che è l’eterosessualità e cioè un romance masochista in cui potere e subordinazione vengono erotizzati. Viene da chiedersi come l’eterosessualità possa mai essere una sessualità tra uguali”.
Il travestitismo secondo Jeffreys è stato sempre un prodotto dell’odio verso le donne. È sfruttamento dell’oppressione delle donne per il piacere degli uomini. Ma non è una cosa nuova. È sempre stata una pratica profondamente insultante per le donne. E spesso traumatica per le mogli di questi uomini. Ma gli uomini si vergognavano e per molto tempo è stato illegale travestirsi in pubblico. È stato solo negli anni 90 che i travestiti attivisti hanno creato un movimento di liberazione per l’espressione del loro fetish sessuale.
Non e possibile smantellare l’edificio che i travestiti hanno creato a meno che non si attacchi la nozione del gender come espressione della dominazione maschile. “La nozione di gender che sottosta al movimento dei travestiti è che le donne e gli uomini sono fondamentalmente diversi . Alle donne piace essere esposte in pubblico e camminare con i piedi doloranti mentre gli uomini naturalmente non lo fanno. È la politica e la cultura della dominazione maschile che costruisce il travestitismo, e questa cultura deve essere completamente ribaltata e trasformata. Dobbiamo distruggerla così come la conosciamo e ricostruirla come la immaginiamo. La parola distruggere è forte ma è buona, è una parola cruciale, non parliamo di ripararla, ripararla ai margini non funzionerà. Dobbiamo distruggere l’idea di una mascolinità e femminilità naturale.
A proposito delle pratiche di subordinazione, oggi ci sono molte donne che si sentono offese e dicono: “perché dobbiamo parlare di queste faccende quando affrontiamo minacce esistenziali? Non possiamo parlare di cose più importanti?”. Altre dicono invece che questo è odiare le donne. Ma la mia è un’analisi politica. Non credo che la loro sensibilità vada protetta dalla teoria femminista. L’analisi delle pratiche di bellezza è cruciale. Se la cultura della misoginia non verrà ribaltata e fino a che il femminismo della terza ondata continuerà ad omettere la critica delle pratiche di bellezza, il travestitismo continuerà”.
Resoconto a cura di Mara Accettura.
La conferenza di Sheila Jeffreys potete vederla qui