USA: il capitalismo woke minaccia la democrazia

Emblematico il caso della Disney super-gay friendly, in rivolta contro la nuova legge della Florida che ostacola l'insegnamento sull'identità di genere nelle scuole. La gran parte delle aziende americane è pro Lgbtq, e prepara scioperi e rappresaglie contro la volontà popolare che va in un'altra direzione. Una vera e propria lotta di classe di CEO e manager contro la maggioranza dei cittadini: l'illuminante saggio di Darel E. Paul. Imperdibile
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Schwa, bagni gender neutral, teorie queer, intersezionalità, “transfemminismo” pro industria dello sfruttamento sessuale, tutti i “problemi da primo mondo” che stanno a cuore al mondo del politicamente corretto vanno al di là della politica della destra/sinistra. Sono le manifestazioni di un nuovo potere economico che gli esperti chiamano “capitalismo woke”.

Vi presentiamo la sintesi di “Il capitale woke nel XXI secolo”, un saggio di Darel E. Paul, professore di scienze politiche al prestigioso Williams College, che esamina la questione del “capitalismo risvegliato" , parla del ruolo che sia la destra che la sinistra hanno giocato nella creazione di questo bizzarro mostro economico e ideologico, e di quello che ora dovrebbero fare per disfarlo.

I. IL CASO “WOKE DISNEY”

Il saggio comincia con un caso di studio: l’infiltrazione del capitalismo woke alla Walt Disney Corporation, il maggiore datore di lavoro della Florida, e come ha interferito con l’iter del disegno di legge sui “Diritti dei genitori nell'istruzione”, firmato dal governatore repubblicano Ron DeSantis lo scorso 28 marzo. La legge mette un freno all’insegnamento dell’identità di genere e alla facilitazione della “transizione sociale” dei minori all’insaputa dei genitori nelle scuole pubbliche, ed è stata rinominata imprecisamente “Don’t say gay bill” dai suoi oppositori.

 “Ben prima che DeSantis firmasse il disegno di legge, l'associazione LGBT Human Rights Campaign stava intensificando le sue pressioni più sugli amministratori delegati delle aziende che sui i politici. Il 28 febbraio l'associazione ha pubblicato una lettera firmata da oltre 150 società in cui si affermava l'opposizione al disegno di legge della Florida e a tutte le leggi simili in altri Stati. "Si è immediatamente notato che la Walt Disney Corporation non era nell'elenco” scrive Paul.

Il CEO della Disney Bob Chapek si è trovato tra due fuochi. Da un lato ha dovuto prendere atto di un disegno di legge popolare sostenuto da un voto a maggioranza netta e da un governatore popolare al primo mandato. Dall'altro ha affrontato i media e i suoi dipendenti.”

Dopo aver cercato di placare i "leader Disney LGBTQ+" e lo staff attraverso incontri e comunicazioni interne, Chapek è stato costretto ad esprimersi pubblicamente sulla questione all’assemblea annuale degli azionisti della Disney. Ma nemmeno una dichiarazione pubblica di opposizione al disegno di legge sui “Diritti dei genitori nell'istruzione”, la promessa di produrre più contenuti LGBT e di donare 5 milioni di dollari a gruppi di interesse LGBT da parte di Chapek hanno messo fine alla controversia.

Quando si è scoperto il sostegno della Disney a molti dei legislatori repubblicani che avevano promosso la legge, i dipendenti hanno organizzato "Disney Do Better Walkout", una settimana di uscite giornaliere di 15 minuti durante le pause pomeridiane. Sono seguite ulteriori concessioni da parte della Disney, tra cui lo stop del sostegno ai repubblicani e  “una nuova struttura interna per condurre l'azienda verso valori e interessi LGBT”.

Ma i “leader Disney LGBT” minacciano ora uno sciopero della Disney contro lo Stato della Florida e dichiarano apertamente che l’obiettivo è l’abrogazione della legge sui Diritti dei genitori nell'istruzione.

“Se si verificasse uno sciopero della Disney, non sarebbe certo la prima volta che il business americano usa il suo potere strutturale per contrastare la volontà popolare. Chiusure di fabbriche, licenziamenti di massa, serrate e rifiuto di investire sono esempi fin troppo comuni degli sforzi strategici del capitale per sconfiggere i propri dipendenti. La novità però è l'arma dello sciopero del capitale usata contro lo Stato e la democrazia,” osserva Paul.

USA: il capitalismo woke minaccia la democrazia

II. IL CAPITALISMO AMERICANO E' WOKE

La seconda parte del saggio spiega come questo nuovo sistema di credenze, chiamato "giustizia sociale", "intersezionalità" o "wokeness", è arrivato a catturare quasi tutte le istituzioni del potere privato negli Stati Uniti, dalle professioni al mondo accademico, dall'istruzione ai media, dalla Silicon Valley a Wall Street.

“L'affermazione della wokeness nel settore degli affari è forse il successo più sorprendente di questa ideologia. Un problema per il Partito Repubblicano che ha trascorso gli ultimi quarant'anni facendo gli interessi del capitale americano e che ora si trova in conflitto sulla concessione di agevolazioni fiscali e sgravi normativi a società che disprezzano la base elettorale e l'agenda culturale del partito,” scrive Paul. “Siamo abituati a vedere le questioni della guerra culturale come una lotta ideologica, ma l'ascesa del capitalismo woke inquadra meglio la nostra difficile situazione. Siamo profondamente impantanati in una lotta di classe. Si potrebbe anche paragonare questo esercizio di potere d'élite al colonialismo. Per dirla nei termini più crudi: professionisti e manager globalizzati da una parte; élite regionali e classi medie dall'altra. 

La posta in gioco è alta: l’influenza sull'autogoverno democratico e sul potere di definire la realtà”.

III. IL POTERE DELLA CLASSE WOKE

Nella terza parte Paul presenta le più recenti analisi del capitalismo woke, auspicando una teoria unificata per arginarlo. “Saper leggere il fenomeno del capitalismo woke come struttura di potere è il primo passo per arrivare a regolarlo. Obiettivo che non sarà raggiunto alle prossime elezioni o prossimo atto legislativo, ma solo dopo anni o addirittura decenni di lotte. Solo una volta che avremo capito il capitalismo woke e da dove viene il suo potere, potremo avere una speranza realistica di vincerlo a lungo termine.”

Tra i recenti tentativi di analisi, Paul si sofferma su tre libri pubblicati nel 2021. La dittatura di Woke Capital dell'analista politico Stephen Soukup ha offerto una critica conservatrice del movimento ‘ambientale, sociale e di governance (ESG)’ negli investimenti finanziari e ha lanciato un appello a ‘depoliticizzare gli affari’. In Woke, Inc. , l'imprenditore tecnologico Vivek Ramaswamy ha fornito un resoconto della wokeness aziendale come forma di entusiasmo religioso ma anche di wokewashing ‘reputazionale’, esponendo i suoi timori per il futuro della democrazia americana. Il capitalismo woke: come la moralità aziendale sta sabotando la democrazia dell'accademico Carl Rhodes ha presentato una posizione di sinistra sulla wokeness come corrotta dall'ipocrisia capitalista e ha lanciato un appello ai progressisti per difendere la socialdemocrazia dalla cooptazione delle aziende woke”.

Partendo da queste analisi, Darel E. Paul si sofferma sul ruolo di quella che chiama “classe dei professionisti” (professional class), o “lavoratori della conoscenza”, membri della “classe creativa”:Woke Disney dimostra chiaramente l'importanza, persino la centralità, dei dipendenti della classe professionale nella creazione e nella perpetuazione del capitale woke. Dopotutto, è stata la rivolta dei dipendenti a spingere Bob Chapek all'azione. La Disney è fortemente dipendente proprio dal tipo di lavoro qualificato e non di routine caratteristico della classe.”

“La classe professionale ha aperto la strada alla wokeness, che ha avuto origine nel mondo accademico [americano], si è diffusa prima all'istruzione, alla medicina e alle attività di consulenza, quindi ai media e alle professioni legali e infine alla cultura della classe stessa. […] In questo senso, il capitalismo woke non è certo un'anomalia rispetto a ciò che è tipicamente americano. In effetti si tratta dell'epitome di due sviluppi intrecciati nell'economia politica americana dagli anni '60: il potere aziendale globalizzato e una cultura terapeutica nazionale” conclude Paul.

IV. VERSO UNA RESISTENZA AL CAPITALISMO WOKE

Paul conclude: “Il contraccolpo alla wokeness è già qui: testimoniano i numerosi nuovi regolamenti e progetti di legge che vietano l'insegnamento della teoria critica della razza , che reinseriscono le definizioni tradizionali degli sport femminili e che in Texas sottopongono terapie transgender per minori a un controllo legale e medico intensificato mai visto in nessun altro posto nel mondo.”

Ma, avverte che “senza un supporto più ampio, tutti gli Stati di cui sopra saranno soggetti a minacce di sciopero dei capitalisti e all'esercizio del potere federale per volere della classe professionale-manageriale. Qualsiasi progetto intellettuale e politico di successo deve quindi confrontarsi sia con la wokeness che con il capitale. Le critiche di sinistra al capitalismo, se vogliono offrire spunti utili per l'azione politica, devono tenere conto del ruolo centrale svolto dalla classe professionale-manageriale e dalla sua cultura. Le giuste critiche alla wokeness, se vogliono diventare qualcosa di più che materiale per appelli di raccolta fondi per la ‘guerra culturale’, devono riconoscere il potere strutturale di questa classe reso possibile dall'economia politica neoliberista che la destra stessa ha contribuito a creare. La destra deve accettare che né la politica né l'economia sono 'a valle della cultura'. La politica, l'economia e la cultura sono strutture di potere che si autorafforzano reciprocamente, e tutte devono essere impegnate simultaneamente se la sconfitta del capitalismo woke vuole avere qualche speranza.”

Maria Celeste

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