Una coppia gay ha avviato una causa al tribunale del lavoro di New York chiedendo che l’assicurazione fornita dal datore di lavoro paghi al posto loro tutti i costi dell’utero in affitto, al fine di garantire “pari opportunità nell’accesso alle cure della fertilità”. A tutti gli effetti si richiede che una coppia di maschi gay diventi per legge una categoria protetta in quanto entrambi privi di utero e privi di accesso a un utero.
Se vincessero la causa, in tutti gli Stati Uniti la surrogata solo per le coppie di uomini gay diventerebbe a carico delle assicurazioni sanitarie o dei datori di lavoro.
Il Guardian, in un lungo articolo della vicenda, descrive la coppia così: «Corey Briskin e Nicholas Maggipinto si sono conosciuti alla facoltà di legge nel 2011, si sono fidanzati nel 2014 e hanno annunciato il loro matrimonio nel 2016 sul New York Times. Si sono trasferiti in un condominio sul lungomare di Williamsburg, Brooklyn, con una luminosa sala giochi per famiglie al piano terra».
La coppia racconta di avere appreso i costi di un figlio biologico tramite utero in affitto nel corso di un appuntamento con un medico della fertilità fornito dall'organizzazione Gay Parents to Be (Futuri genitori gay), pubblicizzata su Instagram. «Maggipinto impiega 15 minuti per illustrarmi tutte le spese che dovrebbero sostenere se cercassero di avere un figlio geneticamente imparentato con uno di loro. Il risultato finale? "Minimo duecentomila dollari" dice, battendo l'indice sul tavolo a ogni parola in segno di incredulità», scrive il giornalista del Guardian.
«Non potevano permetterselo. Maggipinto percepisce uno stipendio da avvocato in una grande azienda, ma è oberato di debiti studenteschi. Briskin lavorava per la città di New York come assistente del procuratore distrettuale, guadagnando circa 60.000 dollari all'anno. I suoi benefit lavorativi includevano una generosa assicurazione sanitaria. Ma quando hanno letto la polizza hanno scoperto di essere l'unica categoria di persone esclusa dalla copertura della FIV (fecondazione in vitro). L'infertilità era definita come l'incapacità di avere un figlio attraverso il sesso eterosessuale o inseminazione intrauterina. Ciò significava che gli etero e le lesbiche che lavoravano per la città di New York avrebbero potuto coprire i costi della FIV, ma le coppie gay non avrebbero mai potuto beneficiarne».
«Briskin e Maggipinto hanno allora presentato una denuncia collettiva alla Commissione statunitense per le pari opportunità di impiego (EEOC) contro la città di New York, citando in giudizio gli ex-datori di lavoro di Briskin per discriminazione illegale sul posto di lavoro. Se vinceranno, i datori di lavoro e le assicurazioni sanitarie di tutti gli Stati Uniti saranno costretti a cambiare le loro politiche per dare ai maschi omosessuali lo stesso accesso ai benefici della fertilità di chiunque altro».
In sostanza la coppia sostiene che la polizza assicurativa della città li discrimina perché, se fossero due donne o se fossero in una relazione eterosessuale,«avrebbero accesso ai benefici della FIV a cui hanno diritto i dipendenti della città».
La femminista americana Phyllis Chesler riassume cosi’ la vicenda: «Protestano contro l'"ingiustizia" di non essere nati biologicamente femmine. Sebbene siano entrambi uomini bianchi istruiti e benestanti, denunciano la "discriminazione" dovuta all'incidente della loro nascita che, nonostante il loro privilegio educativo, economico, sociale, legale e sportivo, cercano di far dichiarare "disabile" o classe protetta. Rivendicano anche il "diritto alla fertilità" dei maschi gay».
«Immagino che, in qualche misura, l'invidia per l'utero possa giocare un ruolo nella richiesta di una cosiddetta "giustizia riproduttiva" per gli uomini gay» continua Chesler. Infatti «mentre le donne senza partner maschile (single e lesbiche) possono accedere a un'assistenza relativamente poco tecnologica per riprodursi, gli uomini senza partner femminile hanno bisogno di ricorrere all'utero in affitto per ottenere una genitorialità genetica esclusiva.
E così, gli uomini gay ora vogliono che le compagnie di assicurazione trattino il fatto di essere nati maschi come una disabilità o come una categoria protetta, che richiede un indennizzo. Sono preoccupata che il denaro e il potere legale degli uomini gay possano prevalere sui diritti dei bambini, delle donne donatrici di ovuli e delle madri naturali, che non hanno un potere economico o politico equivalente.»
Articolo integrale qui. Qui il saggio di Phyllis Chesler.
Traduzione di Maria Celeste