La medicalizzazione di bambine e bambini che non si adeguano agli stereotipi di genere sarà il prossimo grande scandalo medico. Mentre in Italia è tutto ancora avvolto in un insopportabile silenzio -per quanto ancora le autorità sanitarie potranno fare finta di niente?- altrove il bubbone sta scoppiando.
Ci siamo occupate più volte dello stop alla medicalizzazione di minori in paesi che sono stati pionieri nell’introdurre l’identità di genere, come Svezia, Finlandia, Australia. Oggi vi aggiorniamo sui recenti sviluppi in UK e Norvegia, che vanno nella direzione del porre dei limiti a questa redditizia branca dell’industria sanitaria.
E anche negli USA di Biden -che invece spinge per la medicalizzazione precoce dei minori non conformi agli stereotipi femminili e maschili- già spuntano i primi avvocati (vedere qui, qui e qui) specializzati in cause per malasanità contro le gender clinics, accusate da ex-pazienti (in maggioranza giovani donne) di averle instradate a terapie e operazioni con conseguenze gravissime per la salute a un’età in cui non erano in grado di capire.
UK. INCHIESTA DEL MINISTRO DELLA SALUTE SUGLI ORMONI AI BAMBINI
Sajid Javid, attuale Segretario di Stato per la salute e gli affari sociale del Regno Unito, ha annunciato un’inchiesta urgente sui trattamenti ormonali per bambine e bambini offerti dal servizio sanitario nazionale. L’inchiesta vuole accertare che le cure dello NHS siano nell’interesse dei piccoli pazienti, e che gli ormoni del sesso opposto e altri farmaci con effetti collaterali pesanti non vengano prescritti a “bambini vulnerabili”.
Il Times riassume così le dichiarazioni di Javid: “Il segretario alla salute di Westminster pensa che il sistema stia ‘deludendo i bambini’ e sta progettando una revisione di come il personale del servizio sanitario si occupa dei minori di 18 anni che mettono in discussione la loro identità di genere” (articolo integrale qui).
La decisione arriva in seguito alla relazione provvisoria della Cass Review, una valutazione indipendente dei trattamenti a minori con disforia di genere offerti dallo NHS diretta dalla dott.ssa Hilary Dawn Cass, ex presidente del Royal College of Paediatrics and Child Health e consulente in disabilità pediatrica presso l'ospedale St Thomas di Londra.
La relazione provvisoria ha messo in evidenza che “non ci sono sufficienti prove sull’efficacia del modello affermativo (ormoni subito, senza un’esplorazione psicologica, NdT)”. Si legge inoltre: “I bloccanti della pubertà, piuttosto che agire come ‘pulsante di pausa’ per permettere ai bambini di esplorare la loro identità, sembrano instradarli verso un percorso di trattamento medicalizzato”.
Secondo il Times, il ministero della salute britannico starebbe preparando dei cambiamenti legali che darebbero alla commissione Cass l'accesso ai dati sui bambini disforici trattati dal servizio sanitario nazionale per vedere quanti si sono poi pentiti del trattamento. L’inchiesta urgente -che farà parte del rapporto finale- indica la volontà di far cambiare immediatamente l’approccio dello NHS alla transizione di minori.
UK. MEDICI DI FAMIGLIA PAGATI PER OGNI PRESCRIZIONE DI ORMONI
All’inizio di aprile è entrato in vigore nella regione del Sussex un programma che prevede un compenso ai medici di base per ogni prescrizione di ormoni a pazienti che si identificano come transgender, promosso dal Sussex Clinical Commissioning Group, organo dell'NHS responsabile dei servizi sanitari per la popolazione locale.
Il programma prevede che i medici di base del Sussex ricevano 178 sterline all'anno per ogni paziente adulto a cui prescrivono una ‘terapia ormonale incrociata’. Potranno anche richiedere ulteriori 91 sterline all'anno per fornire una visita di controllo annuale a un paziente transgender, non-binario o intersessuale (TNBI). I medici di base che vogliono aderire al programma devono seguire un corso di formazione online della durata di due ore e mezza sull'assistenza sanitaria transgender. Inoltre, per ricevere i pagamenti, gli ambulatori partecipanti saranno tenuti a compilare un registro dei pazienti considerati TNBI.
Il Times cita un documento ufficiale secondo il quale lo scopo del programma sarebbe “fornire un ‘supporto provvisorio’ ai pazienti sulla lista d'attesa delle gender clinics e ‘migliorare l'accesso’ alla terapia ormonale. Il documento aggiunge che qualsiasi decisione di iniziare la terapia ormonale è ‘a discrezione del singolo medico di famiglia’” (articolo integrale QUI).
Tuttavia sono arrivate critiche dai medici di famiglia e anche da alcuni attivisti per i diritti trans, preoccupati che il programma potrebbe portare i medici a fornire i farmaci senza un adeguato supporto psicologico per i pazienti e caricare di un ulteriore onere i medici di base.
Il Times ha sentito Debbie Hayton, attivista per i diritti trans che ha fatto la transizione nel 2012. Hayton ha messo in discussione il livello di supporto psicologico previsto dal programma. “Quando ho fatto la transizione ho parlato con un terapeuta un'ora alla settimana per mesi”, ha detto. “Era ciò di cui avevo bisogno per capire me stessa. Un controllo annuale non è che una pallida ombra al confronto”.
Inoltre, il Times riporta le parole di Zara Aziz, medico di base a Bristol. “Sembra che ... questo [compito] sia stato scaricato ai medici di famiglia con un pacchetto di formazione e via”, ha detto la dottoressa, lasciando intendere preoccupazioni per il carico di responsabilità che accompagna la prescrizione di ormoni. L’ultimo giudizio emesso sulla causa di Keira Bell (vedere qui) ha infatti chiarito che la responsabilità di valutare il paziente ricade sul medico e non sul giudice o altra figura.
Con questo programma, in Sussex la responsabilità civile e penale ricadrà non più sugli “specialisti” delle gender clinics, ma sui medici di famiglia. Ed è comprensibile che questi ultimi vogliano tutelarsi, visto l’aumento non trascurabile dei casi di detransizione -ovvero pazienti che guariscono dalla disforia di genere e ritornano a sentirsi bene nei loro corpi di donne o di uomini.
NORVEGIA. STOP ALLE LIBERALIZZAZIONI DI ORMONI E BLOCCANTI DELLA PUBERTA'
In Norvegia sono state pubblicate nuove linee guida nazionali sul trattamento di minori con disforia di genere, che mettono fine alla liberalizzazione degli ormoni e bloccanti della pubertà ai minori, stabilendo che possono essere prescritte solo dopo una accurata valutazione psicologica del paziente in centri specializzati nel trattamento della disforia di genere.
Il Paese rientra a pieno titolo trai “Paesi pionieri” dell’identità di genere, avendo introdotto già nel 2016 il modello del self-ID -autodeterminazione di genere, senza una valutazione medica e con un iter burocratico molto semplice. “I norvegesi ora possono cambiare sesso legalmente con un clic del mouse”, intitolò allora la Associated Press.
La legge norvegese permette ai bambini dai 6 anni in su di cambiare il sesso sui documenti secondo la loro “identità di genere”.
Tuttavia, fino al 2020 la medicalizzazione dei minori avveniva più severamente del cambio del sesso anagrafico: i farmaci potevano essere prescritti legalmente solo dalla National Clinic for Transsexualism (NBTS) del Rikshospitalet (Ospedale nazionale) di Oslo.
Le linee guida del 2020, fortemente influenzate da gruppi di interesse LGBTQ, avevano l’obbiettivo di rendere “più facile ottenere un trattamento di conferma del genere, tra l'altro stabilendo più offerte in giro per la Norvegia”: autorizzavano i reparti di “medicina transgender” degli ospedali locali, che fino ad allora avevano fornito unicamente valutazioni e terapie psichiatriche, a prescrivere ormoni e a fare operazioni chirurgiche come trattamento della disforia di genere.
“Hanno liberalizzato l'accesso a un trattamento che è irreversibile e ha conseguenze importanti, senza avere una base di conoscenza adeguata. Questo di per sé è ingiustificabile”, aveva detto Pål Surén, pediatra dell’Istituto di sanità pubblica (FHI), unendosi alle critiche del Rikshospitalet e dell'Associazione Norvegese per la Psichiatria del Bambino e dell'Adolescente.
Dopo la pubblicazione delle nuove linee guida, continua il dibattito tra il fronte della cautela e quello dell’approccio ‘affermativo’, rappresentato dalla Health Clinic for Gender and Sexuality (HKS), principale “concorrente” del Rikshospitalet per l’assistenza sanitaria transgender (si veda questo articolo).
Anche in Norvegia, dunque, si tratta di porre dei limiti alla redditizia industria sanitaria della transizione, soprattutto nei casi in cui a farne le spese sono bambini e adolescenti.
GUERRA NEGLI USA: IL CASO ALABAMA
Intanto negli USA continua la guerra tra l'amministrazione Biden, che sostiene le cure farmacologiche trans-affermative per i minori e i governatori repubblicani di alcuni Stati.
Il Dipartimento di Giustizia ha attaccato una legge dell'Alabama che rende reato per i medici curare le persone transgender di età inferiore ai 19 anni con bloccanti della pubertà e ormoni. La legge dovrebbe entrare in vigore l'8 maggio (la notizia qui).
Il dipartimento aveva già inviato una lettera a tutti i 50 procuratori generali dello Stato avvertendo che impedire ai giovani transgender e non binari di ricevere cure che affermano il genere potrebbe essere una violazione delle protezioni costituzionali federali. Ma i repubblicani dell'Alabama che hanno sostenuto la legge hanno affermato che è necessario proteggere i bambini.
Il procuratore generale dell'Alabama Steve Marshall ha dichiarato che "l'amministrazione Biden ha scelto di dare la priorità alla politica di sinistra a spese dei bambini dell'Alabama. Come dimostreremo, l'affermazione del Dipartimento di Giustizia secondo cui questi trattamenti sono 'medicalmente necessari' è una disinformazione basata sull'ideologia. La scienza e il buon senso sono dalla parte dell'Alabama. Vinceremo questa battaglia per proteggere i nostri figli".
Maria Celeste