Nel 2019 l’Italia si è dotata di una legge che punisce il reato del cosiddetto revenge porn (la diffusione in rete di immagini a carattere sessuale di una donna da parte dell’ex-compagno), ma dal web arriva un’arma ancora più pericolosa contro le donne: siti che danno la possibilità di creare falso revenge porn, ovvero false immagini pornografiche, foto o video, a partire da una comune foto.
Recentemente i media anglosassoni hanno segnalato un sito – che non nominiamo – sul quale gli utenti possono caricare la foto di una donna vestita per “spogliarla”, ottenendo un falso nudo deepfake molto realistico, prodotto con una tecnica di deep learning (apprendimento profondo) per la sintesi dell'immagine umana basata sull'intelligenza artificiale (vedere qui The Huffington Post, BBC News e Daily Mail).
La parola deepfake è stata coniata nel 2017 sul social Reddit, dove furono diffusi i primi esempi di deepfake: burle, filmati bufala e di satira politica, ma soprattutto filmati pornografici di attrici e influencer, tra le quali Scarlett Johansson (vedere qui). La tecnologia arrivò ben presto anche in Italia, con video pornografici di politiche come Giorgia Meloni e Laura Boldrini, e anche con video più innocui come quello in cui Renzi faceva pernacchie a Mattarella (vedere qui).
Questo nuovo sito, lanciato nel 2020, tuttavia, desta allarme perché ha sviluppato una tecnologia più avanzata e facile da usare, e sforna rapidamente e gratuitamente falsi nudi praticamente indistinguibili da una foto vera. Come scrive Huffington Post, il sito si vanta del fatto che “la sua tecnologia è così potente che non c’è donna al mondo, indipendentemente dall’etnia o dalla nazionalità, che sia al sicuro dall’essere ‘spogliata’”.
Naturalmente, la tecnologia funziona esclusivamente per i nudi femminili: se si carica la foto di un uomo, il sito la restituisce con i seni e la vulva.
Secondo l’esperto di deepfake Henry Ajder, “il realismo è migliorato in modo massiccio” e “la stragrande maggioranza delle persone che utilizzano questi [strumenti] vogliono prendere di mira donne che conoscono”: colleghe, amiche, compagne di classe, ex, vicine, o sconosciute che hanno brevemente incrociato la loro strada. La tecnologia deepfake è dunque ora usata soprattutto come arma contro donne comuni, non protette dalla celebrità, che per lo meno fa sorgere in chi guarda il dubbio che le immagini pornografiche potrebbero essere false.
Sta destando allarme anche la velocità con cui il sito si è diffuso, e le decine di milioni di uomini che lo usano in tutto il mondo. Non è chiaro chi siano e dove si trovino gli autori del sito; a luglio 2021 la maggioranza degli utenti veniva dagli Stati Uniti, seguiti da Thailandia, Taiwan, Germania e Cina. In particolare, il sito si è diffuso rapidamente attraverso un sistema di incentivi che incoraggia gli utenti a condividere sui social un link personalizzato al deepfake che hanno prodotto, in modo da poter caricare più foto gratis (attualmente il sito permette di caricare una foto ogni due ore).
Il sito dunque ha stabilito un fruttuoso legame con i colossi della tecnologia: non opera nel dark web ma alla luce del sole, infatti è tranquillamente indicizzato su Google. Ma il rapporto più importante è con i social network che a loro volta ne traggono profitto, e, indifferenti alla vittimizzazione delle donne, si guardano bene dall’adottare misure che potrebbero arginarne la diffusione, come bandire lo URL del sito dalle loro piattaforme. Al momento, solo Facebook lo ha fatto, dopo essere stato contattato dai giornalisti dello Huffington Post.
Nel Regno Unito e negli Stati Uniti si stanno elaborando soluzioni legali per ostacolare questa minaccia che potenzialmente potrebbe colpire qualsiasi donna che abbia mai postato sui social network una foto che la ritrae dalla vita in su.
Nel Regno Unito la parlamentare Maria Miller sta lavorando per includere un divieto dell’uso e dello sviluppo di tali “strumenti” nella prossima legge sulla sicurezza online: “Se i fornitori di software sviluppano questa tecnologia, sono complici di un crimine molto grave e dovrebbero essere obbligati a progettare i loro prodotti per impedire che questo accada” (vedere qui).
Negli Stati Uniti Mary Anne Franks, docente di diritto all’Università di Miami e presidente della Cyber Civil Rights Initiative (organizzazione senza scopo di lucro che offre servizi alle vittime di crimini informatici, vedere qui), sta elaborando una proposta di legge penale incentrata su “falsificazione e furto dell’identità digitale” (digital impersonation forgery) che punirebbe coloro che creano o distribuiscono consapevolmente pornografia deepfake, e che limiterebbe le protezioni alle piattaforme web della Sezione 230 del Communications Decency Act, una legge controversa e vecchia di decenni (è del 1996) che garantisce l’immunità da responsabilità per i contenuti di terze parti.
È essenziale che anche in Italia, dove donne e ragazze, spesso anche minorenni, continuano a essere martoriate dal revenge porn, i legislatori siano al corrente della letale tecnologia della pornografia deepfake, già arrivata anche da noi nonostante il cronico ritardo tecnologico del nostro paese, e che prendano misure preventive senza attendere il suicidio di una o più donne rimaste vittime di falso revenge porn.
Maria Celeste