Un articolo del prestigioso Lancet Child & Adolescent Health (vedere qui) propone maggiore cautela nell'uso dei bloccanti della pubertà sui bambini diagnosticati come disforici di genere.
Secondo Lancet Child & Adolescent Health sono necessarie ulteriori ricerche per determinare il migliore trattamento dei minori che hanno ricevuto questa diagnosi, in particolare per quelli in cui il disturbo si è manifestato solo dopo la pubertà.
Il genere è un tema fortemente politicizzato e qualsiasi articolo scientifico che rappresenti una minaccia per le narrazioni mainstream in genere viene ritirato, sottoposto a ulteriore ciclo di revisione tra pari e correzione o più probabilmente respinto. Significativo, quindi, che stavolta Lancet abbia pubblicato.
L'Arkansas è stato il primo stato Usa a vietare l'uso di bloccanti per i minori, e leggi simili sono allo studio in Tennessee e in Texas. Lo scetticismo su questi farmaci cresce in tutto il mondo, e la politica comincia a prenderne atto. Nel 2020, l'Alta Corte inglese ha stabilito che è improbabile che i bambini sotto i 16 anni siano in grado di acconsentire al trattamento che coinvolge i bloccanti della pubertà (sentenza Keira Bell, attualmente in fase di appello). Svezia e Finlandia oggi sono tornate agli interventi psicologici per i minori con disforia di genere
Intanto migliaia di pediatri americani si sono mobilitati contro i puberty blocker, promuovendo addirittura una causa contro l'amministrazione Biden, mentre in Australia alcune cliniche richiedono l'ok di un tribunale per procedere a terapie ormonali sui minori, onde evitare il rischio di future azioni legali: il rischio di perdere soldi è un efficace disincentivo per il transificio.
Sempre in Australia sta per aprire la prima clinica per il trattamento delle/dei destransitioner, sempre più numerose-i, allo scopo di offrire assistenza specialistica e terapie di supporto a chi sia pentita/o della transizione a cui è stata-o sottoposta-o.
Ancora, in UK: una madre, Sara Hertz, ha indirizzato ai medici un'articolata e argomentata lettera intitolata "Doctors, it's time. Primum, non nocere" contro la transizione dei minori, mentre Sonia Appleby, responsabile della tutela dei bambini per Tavistock e Portman NHS Trust -clinica londinese specializzata transizioni minorili- ha vinto una causa contro il servizio sanitario britannico ed è stata risarcita per il trattamento subito da parte dell'amministrazione dopo che aveva espresso la sua preoccupazione "che alcuni bambini piccoli siano attivamente incoraggiati a essere transgender senza un controllo efficace della loro situazione".
Sul rischio di abusi aveva già rotto il silenzio il decano della Tavistock, lo psichiatra David Bell.
In tutto l'Occidente il vento sta cambiando, ma al momento in Italia non si muove foglia.
Nel nostro Paese i bloccanti della pubertà continuano a essere somministrati con semplice diagnosi medica e senza l'intervento di un Tribunale. Ed è dei giorni scorsi la notizia di un sedicenne di Lucca autorizzato dal Tribunale a cambiare sesso all'anagrafe, eventualmente ricorrendo anche a intervento chirurgico di "rettificazione".
Urge una ricognizione sul numero delle-i minori trattati in Italia, al momento sconosciuto, un chiarimento sui protocolli che vengono applicati, oltre a un'attenta verifica del grooming -adescamento e indottrinamento sull'identità di genere- sui social network più frequentato dai giovanissimi, come Instagram e TikTok-
Vanno inoltre interpellati con urgenza la Società italiana di Pediatria, la Società italiana di Endocrinologia e l'Ordine degli Psicologi per sollecitare una loro presa di posizione a partire dal fatto ormai accertato che gli effetti dei bloccanti della pubertà non sono affatto reversibili, come da tenace propaganda, per non dire delle possibili patologie iatrogene indotte da questi farmaci.
Per arrivare infine a una legge che, come ormai in molti Stati occidentali, limiti fortemente o proibisca il ricorso ai bloccanti ormonali per i minori non conformi al genere, anzitutto promuovendo la libertà dagli stereotipi -è questo il primo campo di battaglia contro l'industria della transizione dei bambini- e privilegiando-ove vi sia sofferenza- il percorso psicoterapeutico.
Marina Terragni