La Corte d'appello inglese ha parzialmente ribaltato la sentenza che aveva dato ragione alla giovane detransitioner Keira Bell (qui la sua storia) contro la Tavistock Clinic che quando aveva 16 anni l'aveva frettolosamente avviata alla terapia con bloccanti della pubertà.
Con una sentenza pilatesca e meramente formalistica, la Corte ha rilanciato la palla ai medici: tocca a loro, e non ai Tribunali, stabilire se un-una minore può accedere a questa "terapia" con bloccanti ormonali. Devono essere i medici e non i giudici a prendersi la responsabilità di decidere se il minore possieda o meno la cosiddetta Gillick Competence, ovvero la maturità necessaria a valutare le conseguenze di trattamenti ormonali, che sono irreversibili.
I transattivisti hanno accolto con soddisfazione la sentenza, ma il tempo delle transizioni facili per i minori è comunque finito. Come si sta vedendo in tutto il mondo (leggere qui) a fronte del crescente numero di ex bambine-i gender non conforming che una volta adulte-i si pentono dei cambiamenti irreversibili causati dai puberty blocker, soprattutto a fronte del rischio di cause per danni -follow the money- sempre più frequentemente medici e cliniche stanno adottando un principio di cautela. Quindi sarà sempre più difficile che un-una minore sotto i 16 anni venga avviato sperimentalmente alla transizione secondo il principio "affirmation only" -in sostanza, i blocker non si negano a nessuna-o-. In sintesi, la platea di bambine-i trattate-i con bloccanti è destinata in ogni caso a ridursi.
L'epoca in cui si agiva in modo deresponsabilizzato per seguire un'ideologia e non la corretta prassi medica, si è conclusa. Keira Bell, che ha chiesto di potersi rivolgere alla Corte Suprema, ha commentato: “Il mio caso ha aperto un dibattito globale, anche se resta molto da fare. È una fantasia profondamente preoccupante che un medico possa credere che un bambino di 10 anni possa acconsentire alla perdita della propria fertilità”.
Marina Terragni
Quello che segue è il commento del sito Transgendertrend dopo la sentenza della Corte d'Appello.
Siamo sconcertati dalla decisione con la quale la Corte di Appello oggi ha accolto l'impugnazione della Tavistock e Portman NHS Foundation Trust contro la decisione di primo grado della Corte di Giustizia di Londra nel caso Bell e Mrs. A contro Tavistock.
L'appello è stato accolto sulla base del fatto che la Corte di primo grado non ha dichiarato l'illegittimità dell'uso dei bloccanti della pubertà per trattare la disforia di genere, e che la pronuncia e le indicazioni emesse dalla Corte di primo grado hanno avuto a oggetto fatti contestati, prove peritali e pareri medici che non potevano essere esaminati e valutati nell'ambito di un procedimento giudiziario.
La Corte di Appello ha stabilito che i principi espressi nel caso GILLICK sono basati su valutazioni mediche, e non compete al giudice di decidere sulla capacità dei minori di 16 anni di dare un valido consenso ad un trattamento medico.
Alla base dell'appello Tavistock c'è l'argomentazione per cui, nella sentenza, la Corte di primo grado si è basata sui principi espressi nel caso Gillick, che stabiliscono che i bambini di età inferiore ai 16 anni sono in grado di prendere valide decisioni se ritenuti competenti a farlo dal loro medico curante dopo una specifica valutazione individuale.
Tavistock aveva eccepito che la Corte "ha sconfinato nell'area decisionale riservata ai medici, ai pazienti ed ai loro genitori, dove in precedenza (ndt la Corte) non si era mai avventurata”.
In sostanza la Corte di Appello ha ritenuto che “la Corte di primo grado ha statuito una restrizione impropria sull'utilizzo dei test di competenza Gillick”
I Giudici di appello hanno respinto l'idea che l'uso dei bloccanti della pubertà per la disforia di genere sia un caso limite.
Al punto 76 della sentenza viene addirittura affermato che il consenso ai bloccanti della pubertà non è diverso al consenso alla contraccezione:
“Nulla circa la natura o implicazioni del trattamento con i bloccanti della pubertà consente che sia fatta una reale distinzione tra la valutazione della contraccezione in (ndt nel caso) Gillick e dei bloccanti della pubertà in questo caso, tenendo a mente che, quando fu deciso il caso Gillick 35 anni fa, le questioni sollevate con riferimento alla contraccezione per i minori di 16 anni erano fortemente controverse, in una maniera difficile da immaginare oggi”
Nell'insieme il giudizio, sebbene a parole dia atto del fatto che sulla questione ci sono diffusi pareri contrari, prende per buone le prove di Tavistock senza approfondire.
Ad esempio: l'affermazione che solo il 16% dei bambini è in seguito trattato con bloccanti della pubertà quando in testimonianze precedenti la dott. Polly Carmichael ha suggerito che la percentuale nell'insieme è piuttosto del 41-45%; l'affermazione che solo il 55% dei bambini trattati con bloccanti della pubertà passa poi alla terapia con gli ormoni del sesso opposto quando sullo stesso sito della GIDS la percentuale indicata è del 98%; e l'affermazione che “lo scopo primario dei bloccanti della pubertà era dare al paziente il tempo di riflettere sulla sua identità di genere” e “il trattamento con il bloccanti della pubertà era separato dal successivo trattamento con gli ormoni del sesso opposto” quando l'Autorità di Ricerca sulla Salute, nelle sue verifiche all'interno degli studi sull'Intervento Precoce di Tavistock, ha stabilito:
“La confusione sarebbe stata ridotta se la descrizione dello scopo del trattamento avesse precisato che esso veniva offerto specificatamente a bambini che dimostravano una disforia di genere forte e persistente ad uno stadio iniziale della pubertà, sicché la soppressione della pubertà stessa avrebbe consentito al successivo trattamento con ormoni del sesso opposto di evitare di ricorrere alla chirurgia per cambiare o altrimenti mascherare gli indesiderati effetti fisici della pubertà nel genere di nascita”
Sebbene sia stato dato molto spazio alla considerazione che non è compito dei tribunali valutare prove mediche, è inevitabile che i tribunali saranno influenzati dalle prove che verranno loro messe a disposizione.
Nel caso dei bloccanti della pubertà, la prova (fornita da Tavistock) è debole, le considerazioni etiche coinvolte assai serie e comunque Tavistock non ha mai reso disponibile la somministrazione di trattamenti alternativi e meno invasivi. Neppure gli organi di controllo hanno mai messo in dubbio le basi ideologiche dell'approccio “affermativo”.
La sentenza di primo grado in Bell & Mrs A contro Tavistock viene citata in maniera estesa dal provvedimento della Corte di Appello e nessuno dei suoi punti viene contestato se non da un punto di vista meramente legale/formale.
Tutte le “preoccupazioni” sussistono ancora.
La Corte di Appello stabilisce:
“I medici dovranno inevitabilmente prestare grande attenzione prima di prescrivere il trattamento a un bambino, ed essere tanto avveduti da assicurarsi che il consenso ottenuto sia dal bambino che dai genitori sia stato preceduto da adeguata informazione sui vantaggi e gli svantaggi della terapia proposta, alla luce della evoluzione della ricerca, e dalla chiara comprensione delle implicazioni e delle conseguenze a lungo termine di tale trattamento. E' necessaria grandissima attenzione per assicurare che i consensi necessari siano ottenuti in maniera corretta. Così come Gillick ha chiarito, i medici potranno comunque essere oggetto di azioni disciplinari e civili quando, nei singoli casi, sorgessero problemi”
L'originaria pronuncia giudiziaria e il conseguente appello hanno portato la questione della prevenzione della pubertà nei bambini alla pubblica ribalta, e all'attenzione del mondo medico e politico.
Keira Bell ha aperto il confronto.
Verrà richiesta autorizzazione all'ulteriore impugnazione presso la Corte Suprema.
(traduzione di La Crissy)
qui l'articolo originale
qui la sentenza dell'Alta Corte