Questa faccenda degli atleti maschi che "si identificano come donne" per partecipare agli sport femminili e vincere facile è semplicemente grottesca oltre che violenta e misogina e potrebbe deflagrare di fronte al pubblico globale delle prossime Olimpiadi di Tokyo (sempre che la pandemia non obblighi a un ulteriore rinvio). Vista l'alta posta in gioco cresce il numero dei trans-atleti MtF che gareggeranno in Giappone (mentre com'è ovvio, avendo cara la pelle oltre che la faccia, nessuna atleta FtM spinge per partecipare alle gare maschili). Nonostante la totale assenza di lealtà sportiva sia clamorosa, altro che doping, la stampa sportiva tace per non apparire "transescludente" (leggi: per non perdere le inserzioni pubblicitarie delle aziende che oggi fanno a gara per mostrarsi Lgbtq+ friendly). Una malafede maschile davvero impressionante. Tokyo potrebbe diventare la scena ideale per un fantastico "me too" delle atlete, fin qui silenziose salvo rare eccezioni, tipo questa.
Dipende solo da loro. Noi ci siamo.
Qualche giorno fa l’Assemblea Nazionale francese ha approvato un emendamento per “democratizzare lo sport in Francia” che vieta di “discriminare in base all’identità di genere”. La nuova legge di fatto autorizza gli uomini che dicono di sentirsi donne a competere nelle gare sportive femminili.
Una settimana fa le cronache sportive riportavano che in Spagna, in vista dell’approvazione della Ley Trans e delle Olimpiadi si registra un notevole aumento delle richieste di atleti uomini trans-identificati di poter partecipare non solo alle gare nazionali ma a anche quelle internazionali nella categoria femminile.
Attualmente è virtualmente confermata - per i loro altissimi risultati nella categoria femminile – la partecipazione di quattro atleti trans alle Olimpiadi e Paralimpiadi di Tokyo. Si tratta di Chelsea Wolfe (ciclista, Stati Uniti), di Tifanny Abreu (pallavolo, Brasile), Laurel Hubbard (sollevamento pesi, New Zealand) e di Valentina Petrillo, Italia.
Petrillo, atleta paralimpico che fino al 2019 partecipava alle gare maschili, sui documenti è ancora un uomo, Fabrizio. Dopo essersi “dichiarato” donna e aver cominciato una terapia ormonale che ha ridotto i suoi livelli di testosterone quanto bastava per rientrare nei parametri del regolamento (2018) della World Athletics, è stato autorizzato dalla Federatletica Nazionale a partecipare alle gare femminili (vedere qui). Petrillo ha vinto in tutte le categorie, e fin da subito il suo sogno di partecipare ai giochi paralimpici di Tokyo si è dimostrato abbondantemente a portata di mano.
I giochi olimpici e paralimpici avrebbero dovuto tenersi a Tokyo nel 2020 e sono state rinviati di un anno a causa della pandemia di Covid-19. Approfittando del rinvio e della “distrazione” generale nel caos della pandemia, gli attivisti dell’“identità di genere” hanno lavorato sodo e stanno raccogliendo i loro frutti. Nonostante atlete ed ex-atlete come Martina Navratilova abbiano denunciato l’imparità della competizione (vedere qui) e organizzazioni come Save Women’s Sports abbiano richiesto ripetutamente al Comitato Olimpico Internazionale di rivedere le regole che ammettono gli uomini trans-identificati nelle gare femminili, il direttore medico e scientifico del COI, Richard Budgett, ha rifiutato qualsiasi revisione prima delle Olimpiadi di Tokyo. Perché cambiare le regole così vicino a Tokyo non sarebbe "eticamente o legalmente giusto" (vedere qui).
Permettere agli uomini di gareggiare al posto delle donne invece a quanto pare lo è.
Maria Celeste
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