Stonewall dovrà affrontare una causa in tribunale per aver incoraggiato lo studio legale in cui lavora Allison Bailey, avvocata lesbica, a emettere un provvedimento disciplinare nei suoi confronti solo perché aveva criticato gli attivisti transgender.
L'avvocata ha presentato denuncia per discriminazione ispirata dal caso di Maya Forstater, la ricercatrice presso il Center for Global Development a Londra che aveva perso il lavoro per aver espresso la sua contrarietà all’autocertificazione di genere (vedere qui)
Lo scorso 10 giugno un tribunale d’appello aveva dato ragione a Forstater stabilendo che credere nell’immutabilità del sesso biologico è una forma di opinione protetta dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Del resto anche Nancy Kelley, amministratrice delegata di Stonewall UK, in una recentissima intervista alla BBC (qui) ha dovuto ammettere che non è possibile cambiare sesso biologico. Si possono modificare alcuni caratteri sessuali esteriori, ma non il sesso.
Una giudice ha convenuto che Bailey, che esercita la professione a Londra, ha il diritto di sostenere le sue opinioni critiche dell’identità di genere in quanto sono pensieri filosofici.
Ad aprile la Corte esaminerà la causa contro Stonewall e lo studio legale dove la donna lavora.
È la seconda volta che l’organizzazione britannica per i diritti delle persone Lgbtq+ tenta inutilmente di far finire nel nulla la denuncia dell’avvocata che è una fondatrice dell’Alleanza Lgb, associazione nata dopo che una parte del movimento gay e lesbico britannico è fuoriuscito da Stonewall proprio in polemica con l’ideologia transgender.
Nella sua prima denuncia Bailey accusava l’ong e il suo datore di lavoro di discriminazione e vittimizzazione. Tesi che ora viene rafforzata da quanto ha sostenuto la giudice Holly Stout per la quale è «del tutto plausibile» che l’organizzazione «abbia cercato di indurre lo studio legale a punire la ricorrente a causa delle sue convinzioni pubblicamente espresse e delle critiche al programma “campioni della diversità” di Stonewall».
All’udienza è stato ricordato che nel 2018 Bailey aveva affermato che Stonewall «era stata complice nel sostenere una campagna di intimidazione nei confronti di chiunque mettesse in dubbio l’ideologia del self id, in particolare lesbiche e femministe».
Per sostenere la causa civile la donna ha lanciato una raccolta fondi. Sotto accusa ci sono anche figure di spicco dell’importante studio legale Garden Court che avrebbero definito le convinzioni dell’avvocata «bigotte e indegne di rispetto».
Sia Garden Court che Stonewall negano di aver violato la legge.
Elena Bandiera
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