“Lia” Thomas vince e il patriarcato gioisce

Nemmeno la seconda scandalosa vittoria della nuotatORE "Lia" Thomas basta a rompere il silenzio dei media sull'incredibile ingiustizia dei corpi maschili negli sport femminili. Ma intanto l'Iowa firma un decreto per salvare le gare da queste invasioni. Un'altra trentina di stati USA progetta leggi analoghe. E il primo ministro australiano si impegna pro women's sport. ULTIM'ORA: IL GOVERNATORE DELLA FLORIDA RON DESANTIS HA RIFIUTATO DI RICONOSCERE LA VITTORIA DI THOMAS E HA DICHIARATO LA SUA CONNAZIONALE EMMA VEYANT (SECONDA CLASSIFICATA) LEGITTIMA VINCITRICE DELLA COMPETIZIONE
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"Lia” Thomas, IL nuotatrice ruba-trofei (vedere qui), ha vinto facilmente la finale dell’American University League (NCAA I), come da pronostico.

Non ha però ricevuto ovazioni al traguardo. Gli applausi sono andati tutti alle ragazze, le vere vincitrici: la seconda classificata Emma Weyant, Erica Sullivan (terza) e Brooke Forde (quarta).

La foto del podio (in apertura) poi, vale più di mille parole: Thomas torreggia da solo a sinistra, davanti al cartello con il numero 1, mentre le tre ragazze si abbracciano e festeggiano insieme sul terzo podio.

ULTIM'ORA: IL GOVERNATORE DELLA FLORIDA RON DESANTIS HA RIFIUTATO DI RICONOSCERE LA VITTORIA DI THOMAS E HA DICHIARATO LA SUA CONNAZIONALE EMMA VEYANT (SECONDA CLASSIFICATA) LEGITTIMA VINCITRICE DELLA COMPETIZIONE.

Una situazione paradossale, quella di "Lia" Thomas, che non è più possibile ignorare: anche stare in silenzio, o dare la notizia in sordina -come la maggior parte dei media mainstream- è una presa di posizione.

In UK, dove da tempo i paradossi creati della legge sull’autodeterminazione di genere si sono fatti evidenti (peak trans), ha preso la parola l’ex nuotatrice Sharron Davies, medaglia d’argento alle Olimpiadi di Mosca nel 1980. Davies ha scritto sul Daily Mail: “Non voglio escludere gli atleti trans, ma Lia Thomas ha dimostrato che dobbiamo avere pari opportunità per le donne nello sport: nello sport contano i corpi, non i sentimenti” (vedere qui).

Di fronte alle posizioni ambigue e politicamente corrette dei media, il vero dibattito pubblico è sui social. Ancora una volta, sono soprattutto le donne a parlare. In Italia, è venuto spontaneo citare il vecchio slogan pubblicitario: “Ti piace vincere facile…” Le ragazze dicono: “Ma non si sente ridicolo?” O anche: “Questi uomini non si sentono in colpa a vincere premi importanti sottratti alle donne? Non si sentono dei vermi?” Mentre le madri si chiedono: “Cosa dirò alle mie figlie atlete se un giorno si troveranno ad affrontare una situazione del genere?”.

Silenzio, invece degli uomini di sinistra, quelli che l’anno scorso gridavano a gran voce che le donne non avevano nulla da temere dal DDL Zan, preparato ad hoc per spianare la strada all’autoidentificazione di genere. Gli stessi uomini molto “inclusivi” che la scorsa estate facevano il tifo per la qualificazione di Petrillo ai Giochi Paralimpici di Tokyo (vedere qui).

Non sono stati zitti invece i maschilisti vecchio stile, che hanno gioito dicendo: donne, ve la siete cercata.

In realtà, né le atlete, né donne professioniste in campo sportivo sono state interpellate o ascoltate sulla questione, anzi sono state redarguite quando hanno protestato.

Però è vero, ci sono donne che, esattamente come i maschilisti, hanno tifato per “Lia” Thomas. Sono le transfemministe che, in assoluta contraddizione con se stesse, acconsentono ad esaudire i desideri maschili, purché questi uomini dicano di “sentirsi donne”. Anche quando, come Thomas o Petrillo, già atleti mediocri nella categoria maschile, desiderano gareggiare contro le donne, vincere senza sforzo e “passare alla storia” stabilendo nuovi record nella disciplina.

Alle transfemministe che adulano “Lia” Thomas ci piacerebbe chiedere come si sentono ad essere perfettamente allineate con il patriarcato.

E alle ragazze che le osservano sui social: non è il caso di chiedersi se posizioni identiche a quelle dei maschilisti siano davvero femministe?

Che cosa c’è di “femminista” nel transfemminismo, che permette che le donne vengano sconfitte in partenza?

Maria Celeste


La governatrice dello Iowa Kim Reynolds ha firmato un decreto legge per salvare lo sport femminile: una legge che vieta ai maschi trans identificati di competere in gare femminili negli sport scolastici nello stato.

Dall’entrata in vigore dell’ordine esecutivo di Biden, firmato nel primo giorno del suo mandato, leggi analoghe sono state proposte in una trentina di stati, e sono già state approvate ad esempio in Florida, Alabama, Arkansas, South Dakota, Tennessee. È significativo che la maggior parte di questi disegni di legge vieta esclusivamente la partecipazione dei nati maschi agli sport femminili. Infatti, non si sente parlare di atlete nate donne che si siano qualificate nelle gare maschili negli sport di forza.

Queste leggi, dette “Save Women’s Sports Bill” o “Save Girl’s Sports Bill riguardano specificamente gli sport scolastici, in un contesto in cui l’eccellenza nello sport garantisce borse di studio: i maschi negli sport femminili dunque non rubano soltanto i trofei, ma letteralmente il futuro delle ragazze.

Prima di firmare, la governatrice Reynolds ha dato la parola alla giovane atleta Ainsley Erzen per parlare della necessità del disegno di legge. Ainsley Erzen, studentessa alla Carlisle High School e campionessa di corsa negli 800 metri, a febbraio aveva scritto una lettera aperta all'Iowa Girls High School Athletic Union per chiedere che il criterio per partecipare allo sport femminile continuasse a essere il sesso, e non l’identità di genere.

"Non ci sono parole sufficienti per descrivere quanto questa legge significhi per me e per tutte le altre atlete", ha detto Erzen. "In quest'ultimo mese, ho avuto modo di sperimentare in prima persona quanto la gente odi la verità e le persone che la dicono".

"Le donne meritano le stesse opportunità degli uomini di sviluppare i loro talenti e di lottare per l'eccellenza", ha detto Reynolds nelle sue osservazioni conclusive prima di sedersi per firmare la legge. Qui il video originale.

Maria Celeste


Intanto anche Il primo ministro australiano Scott Morrison ha pubblicamente appoggiato le leggi in discussione nel Parlamento nazionale che permetterebbero alle organizzazioni sportive di vietare agli uomini transgender di competere negli sport femminili.

Morrison ha descritto il disegno di legge proposto della senatrice liberale Claire Chandler come un "salva sport femminili". Il testo è arrivato in parlamento all'inizio di questo mese e sempre il primo ministro lo ha commentato come un "formidabile" strumento per salvaguardare lo sport e le attività femminili nel paese. 

A pochi mesi dalle elezioni del prossimo 21 maggio Morrison ha voluto con chiarezza cristallina ribadire ai giornalisti nei giorni scorsi di essere favorevole e pensare che la proposta sia da incoraggiare. Il disegno di legge intende "garantire che tutti gli enti sportivi non siano limitati nella loro capacità di organizzare competizioni ed eventi soprattutto a causa della minaccia di denunce di discriminazione basare sul sesso”.

"L'intento politico primario del progetto di legge – ha ribadito - è quello di riconoscere che la categorizzazione per sesso è un meccanismo necessario e importante per garantire la partecipazione sportiva delle donne e le opportunità competitive”. Si cerca così di garantire che lo sport femminile venga protetto e incoraggiato e che una persona di sesso maschile non abbia il diritto di chiedere l'inclusione in una competizione femminile sulla base dell'identità di genere.

Una recente ricerca in Australia, inoltre, ha evidenziato che il 75% degli australiani è d'accordo con le protezioni legali per lo sport delle ragazze contro le partecipazioni transgender. Il Canberra Times, invece, ha sostenuto che il governo sta ignorando i "diritti umani" nel tentativo di "guadagnare i voti dei transfobici".

Ciò nonostante, il Partito Liberale d'Australia, come ha già dimostrato il suo leader e Premier Morrison, ha trovato il coraggio di legiferare su questo tema e di stare dalla parte delle donne e delle ragazze che desiderano competere in modo equo e usare gli spogliatoi senza la presenza o addirittura gli abusi dei maschi.


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