La Turchia abbandona la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, nota come Convenzione di Istanbul e ratificata per la prima volta (2011) proprio in quel Paese.
Un colpo durissimo per le cittadine turche: quasi ogni giorno del 2020 una donna è morta per mano di un uomo, senza contare le 170 morti sospette. Stessi ritmi nei primi 65 giorni del 2021, una settantina di femminicidi. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità almeno il 40 per cento delle donne turche è vittima di violenza del partner rispetto a una media europea del 25 per cento. La Turchia detiene anche il primato delle giornaliste incarcerate. Quello della violenza misogina in Turchia è quindi una questione di primissimo piano.
L'abbandono della Convenzione, che è stata sottoscritta da 34 nazioni europee e costituisce uno strumento indispensabile per la lotta contro la violenza maschile, è stata annunciata con un decreto-golpe del presidente Recep Tayyip Erdoğan accolto con favore dal governo conservatore che ritiene pericoloso il trattato per il avere introdotto il "principio uguaglianza "di genere" ma anche per il fatto di promuovere l'omosessualità, introducendo la non-discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale" (Reuters).
Per il partito al governo (Akp) la Convenzione danneggerebbe infatti l'unità familiare e incoraggerebbe il divorzio, oltre a includere riferimenti che possono essere strumentalizzati dalla comunità Lgbtq. Secondo la nota di Associated Press chi attacca la Convenzione sostiene che "il trattato promuove l'omosessualità tramite l'uso di categorie come "genere", "orientamento sessuale" e "identità di genere" che costituiscono una minaccia per le famiglie turche".
In verità la Convenzione di Istanbul non ha nulla a che vedere con il concetto di identità di genere così come è inteso oggi nelle rivendicazioni Lgbtq, ovvero "libera scelta del genere indifferentemente dal sesso di nascita" (self-id). Anche nella discussione italiana sulla legge Zan si è fatto riferimento alla Convenzione per difendere il concetto di "identità di genere": ma questa interpretazione è assolutamente forzata.
All'art. 4 della Convenzione si dice che "L’attuazione delle disposizioni (...) deve essere garantita senza alcuna discriminazione fondata sul sesso, sul genere (...) sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere". Ma nel 2011, quando fu steso il testo del trattato, con "identità di genere" ci si riferiva alla libertà delle donne dagli stereotipi di genere, ovvero al non-obbligo a conformare i propri comportamenti ai ruoli assegnati alla femminilità tradizionale, e non a rivendicazioni queer.
Il senso della Convenzione di Istanbul dunque non può essere in alcun modo equivocato. In ogni passaggio del testo "genere" è inteso come "genere femminile" ed è sempre associato alle donne, fuori da ogni dubbio. Fin dal preambolo si sostiene che "il raggiungimento dell’uguaglianza di genere de jure e de facto è un elemento chiave per prevenire la violenza contro le donne"; si parla della "natura strutturale della violenza contro le donne, in quanto basata sul genere". All'art. 3 comma d è scritto "l'’espressione “violenza contro le donne basata sul genere” designa qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale". E via dicendo (tutto il testo lo trovate qui).
L'identità di genere com'è intesa oggi (self-id) non ha perciò nulla a che vedere con la Convenzione di Istanbul, che non può essere strumento delle gender politics e base per rivendicazioni Lgbtq.
Forzare la Convenzione in questo senso danneggia le donne.
La Convenzione è delle donne. E il prezzo dell'uscita della Turchia sarà pagato dalle donne.
Ecco le manifestazioni femministe di ieri
Marina Terragni
Aggiornamento, 22 marzo: come vedete lo stesso presidente Erdogan spiega con la strumentalizzazione della Convenzione di Istanbul da parte degli Lgbtq+ la sua decisione di abbandonare il trattato -decisione che resta in ogni caso intollerabile e che peggiorerà la condizione delle donne in Turchia-. L'interpretazione forzata e opportunistica della parola genere come "libera identità di genere" ha offerto il pretesto a Erdogan per archiviare la Convenzione presumibilmente con il consenso almeno di parte della popolazione. Questo ha procurato in grave danno alle donne, per le quali la Convenzione era stata pensata.
Solo Feminist Post ha proposto da subito questa lettura dei fatti.
(ANSA) - ROMA, 22 MAR - «Come è noto, la Turchia è stata la prima firmataria della Convenzione di Istanbul, dimostrando un forte impegno nella lotta contro tutte le forme di violenza e nella protezione della condizione delle donne nella società. Inizialmente la Convenzione di Istanbul ha mirato a promuovere il rafforzamento dei diritti delle donne, che però in seguito è stata manipolata da un settore che sta cercando di normalizzare l'omosessualità, incompatibile con i valori sociali e familiari della Turchia. La decisione di recedere dal contratto della Turchia si basa su questi motivi». Lo dichiara in una nota la Presidenza di Ankara, dopo il ritiro unilaterale dal documento del Consiglio d'Europa contro la violenza di genere.
«La Turchia non è l'unico Paese a nutrire serie preoccupazioni sulla Convenzione di Istanbul. Sei membri dell'Unione europea (Bulgaria, Ungheria, Repubblica Ceca, Lettonia, Lituania e Slovacchia) non hanno ratificato la Convenzione di Istanbul. Anche la Polonia ha preso provvedimenti per ritirarsi dalla Convenzione, citando il tentativo dei gruppi omosessuali di imporre le proprie idee sul genere a tutta la società. La decisione di ritirarsi dalla Convenzione di Istanbul della Repubblica di Turchia non significa in nessun modo che si sta rinunciando a proteggere le donne. La Turchia, anche se si ritira dalla Convenzione, non rinuncerà mai alla lotta contro la violenza domestica», prosegue la nota di Ankara.
«Il nostro Presidente Recep Tayyip Erdogan ribadisce fortemente il fatto che la Turchia continuerà a salvaguardare la sicurezza e i diritti di tutte le donne e sottolinea il fatto che la lotta contro la violenza contro le donne sarà una priorità dell'agenda del governo con la politica di tolleranza zero», aggiunge il comunicato, sottolineando che «la Turchia adotterà ulteriori misure per migliorare l'efficacia delle misure esistenti contro la violenza domestica e la violenza contro le donne nell'ambito del piano d'azione sui diritti umani annunciato all'inizio di marzo».(ANSA).
YLL-AMB 22-MAR-21 17:29 NNNN
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