Per chi ancora avesse dei dubbi sul fatto che l'identità di genere e le politiche gender neutral comportano la cancellazione delle donne, dopo l'esempio pop di X Factor (vedere qui), eccone un altro piuttosto clamoroso.
Scrive The Times che un migliaio di grandi company britanniche, tra cui Unilever e Astrazeneca, è tenuto a dichiarare la percentuale di donne nei propri board. La ragione principale è valutare e correggere il gender pay gap, cioè la differenza di retribuzioni tra donne e uomini a parità di livello e di prestazioni.
Ma anche stavolta Stonewall, grande organizzazione Lgbtq, ci ha messo il suo potente e onnipresente zampino.
Secondo le regole proposte da Sheldon Mills, direttore esecutivo della Financial Contact Authority (FCA), ente regolatore per più di 51 mila servizi finanziari in UK, nel computo delle donne che siedono nei consigli di amministrazione dovranno entrare anche maschi biologici che si identificano come donna, nonostante la legge inglese non ammetta il self-id, cioè l'autocertificazione di genere.
Questo non solo falserà le statistiche sulla presenza femminile nei board, ma sarà fuorviante anche per quanto riguarda il gender pay gap.
Facciamo l'esempio di un uomo che si dichiari donna negli anni della maturità: ebbene, quest'uomo non avrà subito in precedenza nessuna discriminazione legata al sesso biologico -cioè al fatto di essere nata in un corpo di donna- nella sua carriera e nella sua retribuzione. Questo comporterà necessariamente una sottovalutazione del gender pay gap ai danni delle donne.
Il fatto divertente, mettiamola così, è che Sheldon Mills oltre a essere il direttore esecutivo di FCA che ha spinto per questa soluzione -a vantaggio dei maschi che identificano come donne e del sistema maschile tout court- è anche un dirigente di Stonewall: nei fatti, una posizione di evidente conflitto di interesse.
Il "protocollo Mills" farà sparire le donne in un'ammucchiata fluida e indifferenziata.
Marina Terragni