Se il ddl Zan diventasse legge l'introduzione del concetto di identità di genere nella legislazione penale comporterebbe alcune conseguenze quasi immediate: dalla richiesta del self-id o autocertificazione di genere -già pronta la proposta del MIT, Movimento Identità Trans- alla normalizzazione della pratica dell'utero in affitto -anche qui, già pronta una legge per l'introduzione della surrogata cosiddetta "solidale" che agevolerà quella esplicitamente commerciale-.
C'è poi la questione dell'ormonizzazione di bambine e bambini per avviarli alla transizione, pratica che ha già corso nel nostro Paese da almeno 3 anni, che non necessita di alcun intervento del tribunale e che si svolge tutta in ambito medico in svariate strutture pubbliche italiane. Qui nel Feminist Post troverete molto materiale sulla transizione delle-i minori, oltre che sul detransitioning.
Se il ddl Zan diventasse legge il ricorso ai bloccanti della pubertà verrebbe definitivamente normalizzato come capita ovunque sia in vigore il self-id. Ma anche se il ddl non passasse le diagnosi di "varianza di genere", così viene eufemizzata la disforia, di sicuro continuerebbero ad aumentare. L'intervento sul linguaggio è decisivo per questo processo di decostruzione e derealizzazione del sesso biologico: già oggi non si parla più di nate-nati femmine o maschi, ma di "sesso attribuito alla nascita", come se l'attribuzione comportasse necessariamente una percentuale di errore anche nel caso in cui i genitali fossero perfettamente conformati, come nella quasi totalità dei casi (non si sta parlando di intersessualità).
Nella sentenza a conclusione del processo intentato e vinto in UK dalla detransitioner Keira Bell, che aveva accusato il sistema sanitario britannico di averla avviata alla transizione dopo un paio di visite a dire poco frettolose, la Corte ha evidenziato la mancanza di dati certi sulle transizioni delle-i minori oltre che l'approssimazione delle diagnosi, con una notevole percentuale di minori depresse-i, con disturbi dell'alimentazione o disturbi dello spettro autistico trattati come disforici.
Svariati studi recenti hanno inoltre accertato come definitivi gli effetti dei puberty blocker -in particolare sulla densità ossea e verosimilmente sulla fecondità-, effetti di cui fino a pochi mesi fa veniva assicurata la reversibilità. Si affermava cioè che se la-il minore avesse sospeso l'assunzione lo sviluppo sarebbe ripreso regolarmente. Non è così.
Di ieri la notizia riportata da La Stampa secondo la quale negli ultimi 3 anni, da quando cioé l'Aifa ha utilizzato l'uso off label della triptorelina come bloccante della pubertà dopo parere favorevole della Commissione di Bioetica del governo, nella sola città di Torino -ospedali Molinette e Regina Margherita- si è passati da un caso di diagnosi di disforia tra i minori a 37 casi. La notizia non specifica se questi minori siano stati tutti avviati a trattamento ormonale. La curva si avvicina progressivamente a quella di Uk e Paesi Nordici: The Economist ha riferito una crescita di 30 volte in 10 anni.
In Italia, così come si è verificato per lungo tempo in UK, non sono noti i dati sul numero di minori diagnosticati come disforici né sul numero dei trattamenti ormonali avviati. Si sa che anche qui oggi si tratta nella gran parte dei casi di ragazze, destinate in 8-9 casi su 10 a passare dal blocker alla transizione definitiva con ormoni cross-sex-nel caso delle ragazze, testosterone e doppia mastectomia- una volta raggiunti i 16 anni.
Questa sarà la nostra prossima battaglia, a maggior ragione se il ddl Zan diventerà legge. Battaglia necessaria anche nel caso la legge non passasse. Le transizioni dei minori sono infatti una realtà già consolidata nel nostro Paese -oggi in UK serve una sentenza del tribunale mentre in Svezia e Finlandia, nazioni pioniere in questi trattamenti, così come in Arkansas, i blocker non vengono più somministrati-.
E' necessario rendere noti dati, protocolli applicati, livelli di risk disclosure -ovvero il contenuto del consenso informato-, sapere quante e quali strutture pubbliche italiane diagnosticano e trattano queste bambine e questi bambini. Si devono interpellare i medici che operano in questo settore, psicologi, psichiatri, endocrinologi, chirurghi, più raramente pediatri.
Vogliamo che le bambine e i bambini possano crescere e significare la loro esistenza secondo le proprie inclinazioni e i propri talenti, libere-i dagli stereotipi di genere. Vogliamo un mondo in cui sia finalmente possibile. Sono gli stereotipi che devono essere demoliti, non i corpi sani di bambine e bambini. Nessuna bambina, nessun bambino nasce in un corpo sbagliato.