In un’intervista alla Daily Caller News Foundation, la dottoressa Susan Bradley, psichiatra canadese e pioniera del trattamento della disforia di genere nei bambini, si è schierata contro il popolare modello che prevede l’affermazione delle identità transgender dei bambini e la cura tramite l’utilizzo di medicinali che bloccano la pubertà, pratica a cui in passato aveva preso parte.
Bradley aveva aperto una clinica pediatrica nel 1975 per i bambini affetti da disforia di genere, un profondo senso di malessere riguardante il proprio corpo e il proprio sesso biologico, in cui offriva un approccio orientato alla terapia psicologica; la maggior parte dei pazienti smettevano di sentire di essere transgender col tempo, Bradley ha raccontato alla DCNF.
Verso il 2005, la clinica ha iniziato a prescrivere medicinali che bloccano la pubertà ai bambini affetti da disforia di genere come modo per alleviare le loro sofferenze, modello che da allora è stato largamente adottato dall’establishment medico di tutto il mondo, inclusi gli Stati Uniti.
Bradley, che ora ha poco più di ottant’anni, ha espresso rammarico per il fatto che la clinica abbia preso parte all’amministrazione di medicinali che bloccano la pubertà per curare la disforia di genere, cosa che ora lei crede possa cementare quel senso di confusione che i bambini potrebbero altrimenti superare. Ha inoltre espresso preoccupazione per gli effetti collaterali di tali farmaci.
“Avevamo torto” ha affermato. “Non sono irreversibili come abbiamo sempre creduto e hanno effetti a lungo termine sulla crescita e lo sviluppo dei bambini che includono la sterilità e un buon numero di problemi riguardanti la crescita delle ossa.”
Siccome la maggior parte dei bambini che soffrivano di disforia di genere, prima della diffusa implementazione di un approccio votato all’affermazione del genere a cui i bambini sentono di appartenere, la superavano e finivano con l’accettare il proprio corpo e il proprio genere, secondo il New York Times, numerosi medici hanno espresso preoccupazione per il fatto che i medicinali che bloccano la pubertà finiscano col rendere permanente la temporanea disforia di genere dei bambini, consolidando la loro sensazione di appartenere al sesso opposto.
Questi farmaci prevengono anche l’aumento della densità ossea che normalmente avviene durante la pubertà, con alcuni pazienti che soffrono di problemi alle ossa per tutta la vita.
L’FDA ha anche individuato sei casi in cui c’è stato un “plausibile” legame tra i farmaci antagonisti del GnRH e una condizione chiamata pseudotumor cerebri, che è causata da un’elevata pressione dei fluidi del cervello.
Bradley ha raccontato alla DCNF che la sua opinione sui farmaci che bloccano la pubertà si è evoluta nel tempo.
“Pensavamo che fossero relativamente sicuri e gli endocrinologi dicevano che i loro effetti erano reversibili e che non dovevamo preoccuparci. Sotto sotto sentivo di essere scettica e sentivo che forse stavamo peggiorando le cose e non li stavamo aiutando.
E penso sia stato confermato che, quando questi bambini iniziano a qualsiasi età a prendere questi farmaci, quasi tutti finiscono col voler passare alla terapia ormonale” ha affermato Bradley.
Bradley ha aperto la Clarke Institute of Toronto’s Child Youth and Family Gender Identity Clinic (GIC) nel 1975, ed è poi diventata primaria del reparto di psichiatria infantile all’Hospital for Sick Children e primaria di psichiatria e capo del settore di psichiatria infantile dell’Università di Toronto.
“L’opinione di una specialista come la dottoressa Bradley ha l’enorme potenziale di influenzare questo dibattito perché lei è ciò che Cass Sustein ha definito “un validatore sorprendente” ha raccontato alla DCNF. John Burgo, psicoterapeuta e vice direttore di Genspect. “È nella natura umana respingere anche le argomentazioni ragionevoli e le prove credibili se queste arrivano da qualcuno che è facilmente identificato come appartenente all’altro schieramento, se arrivano da “loro” come ad esempio i repubblicani o da “transfobici” famosi. Ma la dottoressa Bradley è una pioniera nel suo campo e non è schierata politicamente”.
“Lei non sostiene che i medicinali che bloccano la pubertà non siano mai la scelta giusta. Invece, ci invita ad avere un cauto approccio esplorativo al disagio riguardante il genere basato sui suoi decenni di esperienza” ha affermato Burgo.
“Quando una professionista che ci si aspettava si sarebbe allineato da una parte (quella di un modello affermativo della disforia di genere) pronuncia un’opinione complessa e invita all’essere cauti, ciò può aiutare il pubblico a non schierarsi contro di lei o a polarizzarsi e rifiutare le sue opinioni, ma può aprire la loro mente a punti di vista alternativi.
Validatori sorprendenti come la dottoressa Bradley possono ammorbidire i conflitti e promuovere il dialogo ancora di più di quanto possano farlo presentazioni ben equilibrate che mostrano le argomentazioni di entrambe le parti.
Bradley crede che la transizione sia utile per alcuni adulti e dice che alcuni pazienti la considerano la cosa migliore che abbiano mai fatto per sé stessi, ma che i parametri del suo successo, anche per quanto riguarda la soddisfazione dei pazienti, sono complicati.
Una delle sue pazienti aveva effettuato una transizione da donna a uomo, aveva sposato una donna che era una sua amica d’infanzia e sembrava felice e soddisfatta, ma in seguito si era sottoposta a un costosissimo intervento di falloplastica. Nonostante apparisse “molto mascolina”, la paziente non era mai veramente soddisfatta ed era alla perenne ricerca di ulteriori miglioramenti fisici, secondo Bradley.
Un altro paziente con cui Bradley aveva lavorato aveva effettuato una transizione da uomo a donna, ma alla fine aveva detto agli psichiatri di non essere più trans e di essere in una relazione con un altro uomo. Ciò ha fatto nascere in Bradley il dubbio che la transizione per alcuni pazienti fosse solo la ricerca di un modo per essere accettati.
“Mi ha fatto realizzare che ciò di cui stiamo in realtà parlando è il loro bisogno di essere accettati; alla fine abbiamo tutti bisogno di qualcuno che ci ami" ha affermato Bradley. “Ed è molto complicato. Ci sono persone per cui funziona. Ma ci sono moltissime persone che finiscono col sentire di non aver davvero risolto i loro problemi riguardanti chi e cosa sono... il nocciolo della questione è il fatto che queste decisioni sono state prese quando questi bambini erano troppo giovani per sapere veramente come avrebbero gestito questa cosa. E non è giusto.
Bradley ha presieduto il sottocomitato sulla disforia di genere per la quarta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM), il manuale ufficiale dell’American Psychiatric Association, che è usato per classificare e diagnosticare i disturbi mentali.
Ha guidato altri otto medici nella determinazione delle linee guida diagnostiche per i disturbi dell'identità di genere.
Ha anche prodotto una ricerca, con altri dottori clinici, che dimostrava che l’87,7% dei ragazzi che si era rivolto alla loro clinica per problemi di identità di genere finivano col “desistere”, cioè smettevano di credere di essere in realtà ragazze e venivano a patti con il loro sesso.
Bradley ora crede che la maggior parte dei pazienti bambini che si identificano come transgender siano in realtà nello spettro autistico o soffrano di disturbo borderline della personalità, che lei crede andrebbe classificato come parte dello spettro autistico.
Gli adolescenti autistici sono particolarmente vittime di pensieri ossessivi, inclini ad avere problemi con il loro aspetto fisico e fanno fatica a cambiare idea una volta convinti che qualcosa è vero, tutte cose che li rendono più vulnerabili al rischio di essere convinti di essere del sesso opposto e di dover richiede assistenza medica assumendo ad esempio medicinali che bloccano la pubertà o ormoni.
“Bisogna mettersi nei panni di un dodicenne o tredicenne che pensa ‘Questo è il mio modo di diventare normale’” ha affermato Bradley. “Questi bambini non se la stanno passando bene con l’approccio affermativo di oggi. Non so se ci sia un bambino che possa passarsela bene, vista la capacità che un bambino di 10, 12 o perfino 14 o 15 anni ha di capire la complessità della scelta che sta facendo riguardante le sue funzioni sessuali e la sua vita a lungo termine. Non ha alcun senso.”
Il GCI è stato chiuso dopo il pensionamento di Bradley nel 2007 sotto l’intensa pressione degli attivisti transgender che credevano che la clinica, che non affermava automaticamente l’identità di genere dei bambini o il loro stato di persone transgender, fosse transfobica.
Lo scetticismo riguardante i farmaci che bloccano al pubertà è cresciuto negli ultimi anni, in seguito a scandali di alto profilo che hanno coinvolto cliniche pediatriche per il trattamento della disforia di genere che hanno prescritto questi farmaci per fermare la pubertà sana di bambini perfino di 10 anni in seguito a screening psicologici considerati inadeguati.
Stella O’Malley, psicoterapeuta e fondatrice di Genspect, un’organizzazione critica nei confronti delle transizioni di genere durante l’infanzia, ha espresso le proprie preoccupazioni riguardanti questo tipo di intervento in una precedente intervista con la DCNF.
“Bloccare lo sviluppo sessuale dei bambini è un intervento altamente autoritario. I bambini sono asessuali e non possono capire l’impatto di un funzionamento sessuale compromesso” ha affermato. “Siamo da circa 10 anni in questo esperimento su larga scala e abbiamo già segnalazioni di problemi riguardanti lo sviluppo cognitivo, la densità minerale ossea e la fertilità. Tutte le prove più aggiornate mostrano che i medicinali che bloccano la pubertà non sono né sicuri né reversibili”.
I sostenitori della transizione di genere medicalizzata nei bambini affermano che questi farmaci permettano di alleviare il malessere che i giovani affetti da disforia di genere possono provare a causa della pubertà e possano ridurre il bisogno di operazioni chirurgiche o cure ormonali più avanti nel tempo dato che impediscono lo sviluppo di alcuni tratti associati con il loro sesso biologico, come ad esempio la voce profonda in un paziente maschio.
“L’ansia sparisce” ha raccontato al New York Times il dottor Norman Spack, un leader nella spinta per l’uso dei farmaci che bloccano la pubertà nei pazienti affetti da disforia di genere. “Puoi vedere quei ragazzi essere così sollevati”.
Il Centre for Addiction e Mental Health, precedentemente chiamato Clarke Institute of Toronto, non ha risposto alle richieste di un commento da parte della Daily Caller News Foundation.
Traduzione di Chiara G.
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