Vedo ragazze che si chiedono come mai alcuni uomini, quando parlano male di se stessi, usino il femminile. Tipo ‘che sciocchina che sono’ oppure ‘sono stata una porca’.
Proprio questo ho visto fare alla manifestazione transfemminista dell’8 marzo a Firenze.
Lo stesso 8 marzo in cui a Madrid come a Parigi, le femministe che manifestavano contro lo sfruttamento della prostituzione sono state aggredite.
A Firenze un uomo vestito da cane è salito sul palco e ha raccontato ai presenti, parlando di sé al maschile, che lui è una donna perché ha scelto di dare il culo, che è sempre meglio che fare l'operaio.
Ascoltandolo ho ricordato un amico e collega gay. verso la fine della mia gravidanza lui comprò un cane, un bellissimo boxer al quale decise di dare il nome che io avevo scelto per mio figlio.
Avevo sempre creduto che lui stesse fingendo di non capire come mai la cosa mi disturbasse tanto, ma vedendo sul palco l’uomo vestito da cane ho avuto l'illuminazione: per il mio amico la differenza tra cagna e donna era risibile e il suo comprare un cane era il mio avere un figlio; forse lui avrebbe voluto essere me? Il processo di identificazione si completava assegnando il medesimo nome? Chissà.
Un meccanismo simile si scatenò nel mio stalker. Sì all’epoca della mia prima gravidanza avevo anche uno stalker, del quale avevo rifiutato le avances un anno prima e beh… l'aveva presa malino. Fino ad allora si era ‘limitato’ a masturbarsi alla finestra, eiaculando nel mio giardino e a lanciarmi i peggio insulti. Il motivo per cui sottovalutai il problema è che si trattava di un trans: una persona che a prima vista poteva far sorgere un dubbio riguardo a quale fosse il suo sesso, poiché aveva un seno femminile su un torso maschile.
Nel momento in cui la mia gravidanza divenne evidente la sua rabbia aumentò. Aspettava che uscissi per seguirmi, una volta mi fece lo sgambetto. Per fortuna riuscii a cambiare casa prima di un’ulteriore escalation, ma questa è un’altra storia.
Così la notizia di una donna incinta picchiata da un trans, per un diverbio su un bagno occupato in un treno, ha richiamato vecchie memorie di schemi di comportamento già visti.
Il nostro corpo stupisce, spaventa o disgusta chi non ce l’ha. E ad alcuni vedere una donna incinta fa scattare la molla.
Mi torna in mente il disgusto con cui alcuni amici gay una volta parlarono delle mestruazioni, del fatto che ci fossero anche grumi lì in mezzo. Io non ce le voglio in macchina e se macchiano il sedile? E il puzzo? Sono disgustose, non so come sia possibile pensare di infilarlo dentro a quella cosa brutta.
Non mi chiesi all'epoca come facessero, questi amici maschi e gay, a sapere dei grumi o che fosse ‘brutta'. Quando e perché avevano, tutti loro, visto il mestruo e la fia?
Solo recentemente ho scoperto che esiste un fetish tutto maschile riguardo alle mestruazioni: alcuni entrano nei bagni per cercare tamponi abbandonati e riutilizzarli. Altri si mettono supposte colorate e assumono lassativi, per simulare il flusso. Altri ‘partoriscono’ bambini di plastica.
Comunque in quell'occasione, mentre gli amici gay si dicevano disgustati dal corpo femminile, la cosa più ridicola fu che alcune delle donne del gruppo assentivano, come se fingersi non affette dalla medesima biologia potesse metterle al riparo dalla morbosità di quelle descrizioni.
È un illudersi di essere meglio delle altre, che quell'atteggiamento, quelle discriminazioni riguardino solo le brutte senza tacchi rossi o le stupide pancine o le cattive terf. Se a loro va il disprezzo maschile, violento o meno, se la sono cercata.
Credere di essere al riparo dalla violenza maschile è come illudersi che solo gli uomini etero siano affetti da misoginia.
Credere di controllare la violenza, di poterla dosare, di poterla usare solo per alcuni scopi, si è dimostrata una pessima scelta da sempre e porta alla cecità selettiva riguardo alle prove che quella stessa violenza esista.
@Ale1000C
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