Corpi sani e funzionanti inquinati da ormoni, mutilati e maltrattati in nome del famigerato “percorso di transizione” che dovrebbe consentire a una persona di ‘essere’ -perché ‘diventare’ suona un po’ ‘transfobico’- del sesso opposto.
Macellai che si spacciano per chirurghi e, come la famigerata che in Georgia - Stati Uniti d’America - si è arricchita con queste pratiche, espongono sui social le foto delle loro eroiche imprese, con giovani donne con i seni amputati e ragazzi a cui hanno praticato un buco tra le gambe.
Atlete di successo che, per incanto, salgono a destra o a sinistra del podio su cui, al centro, si pavoneggia l’uomo di turno che si definisce “donna transessuale”.
Siamo passati da ‘donna incinta’ a ‘persona incinta’, da ‘donna con le mestruazioni’ a ‘persona mestruante’, da ‘solo le donne possono partorire’ a ‘anche gli uomini partoriscono’, da ‘i gay e le lesbiche sono attratti da persone dello stesso sesso’ a ‘se rifiuti una persona trans per via dei suoi genitali sei transfobica/o’.
Questa terribile alterazione della realtà è nata con il concetto di “identità di genere” (o “sessuale”, per chi preferisce il politically correct), quell’astratta percezione di sé che ognuno di noi dovrebbe avere e che, qualora non combaciasse con il sesso biologico, ci suggerirebbe che occorre ‘transizionare’. Infatti, la gente che si mobilita per le politiche a tutela dell’identità di genere afferma: “I genitali non contano, la biologia non conta nulla”, ma se osserviamo le persone disforiche notiamo che assumono ormoni e si sottopongono alla chirurgia affinché assumano le fattezze fisiche del sesso opposto. C’è chi arriva perfino a farsi devastare il pene in cambio di una ferita aperta o a farsi cucire un lembo di pelle di un arto tra le gambe. Ma la biologia non conta. Certo.
Dunque, secondo le teorie che ruotano attorno all’identità di genere il sesso non soltanto non conterebbe, ma non determinerebbe nemmeno più l’essere donna o uomo, compito che spetterebbe invece alla percezione di sé.
Che cos’è una donna? “Una persona che si identifica come donna” rispondono i transattivisti. Definizione di donna: essere umano adulto di sesso femminile. Che ora è considerata discriminatoria verso le persone trans. “C’è una differenza tra femmina e donna: la femmina è biologica, la donna è culturale” dicono i transattivisti. Essendo animali culturali, possiamo creare usanze, costumi e condotte consone all’epoca storica in cui viviamo.
Parliamo, quindi, di genere. Il genere è un costrutto socioculturale che assegna a femmine e maschi ruoli e stereotipi perché si conformino alle aspettative sociali che di fatto avallano una società misogina, omofoba e patriarcale. Il genere non c’entra nulla con il sesso, anzi. Il femminismo della seconda ondata e il primo movimento di liberazione omosessuale lottarono per abbatterlo, per liberare le donne dal ruolo di subordinazione loro imposto e le persone omosessuali dalle norme eterosessiste. Una donna non è un modello culturale (soprattutto se maturato in un contesto misogino, in cui gli uomini creano continuamente l’immagine della loro ‘donna ideale’), ma una persona nata femmina. Tolti gli stereotipi, ed eliminate le aspettative della società patriarcale, sarà soltanto la biologia a definirci. Che fine farà l’identità di genere, lo capiamo da soli.
Dire che la biologia non è importante equivale a negare la violenza contro le donne, basata sul sesso (il diritto all’aborto, per esempio, verrebbe esteso anche agli uomini, cosa assurda), e contro l’omosessualità, cioè l’attrazione sessuale per una persona dello stesso sesso. I transattivisti confondono volutamente l’attrazione fisica con quella sessuale, quando fra le due c’è una netta differenza.
Alle persone omosessuali si sta proponendo l’ennesima terapia di conversione, con la differenza che stavolta è mascherata da idee progressiste e colori. Non è un caso che in Iran i gay e le lesbiche ricorrano alla transizione per poter stare con le persone che amano.
La biologia è fondamentale. Le stesse persone trans modificano i loro corpi per somigliare alle persone di sesso opposto. Ce lo dimostra anche la divisione in ambito sportivo, fatta per evitare situazioni di svantaggio, essendo gli uomini più forti fisicamente, con organi più grossi e una struttura ossea più pronunciata. Tale divisione, però, perde valore quando l’atleta mediocre di sesso maschile si identifica come donna ed entra a far parte di una competizione sportiva femminile, diventando, magicamente, “la numero uno”.
Non conta più che a livello cromosomico siamo diversi (XY) e diverse (XX), che clinicamente abbiamo patologie differenti soprattutto per quanto riguarda l’apparato genitale, che sviluppiamo ormoni e gameti differenti. No, per carità! Vuoi mica tornare al 1300? Meglio negare le differenze, per poi conformarle con l’appoggio di macellai e accattoni delle industrie farmaceutiche. Meglio rifugiarsi nella transizione apparente, invece di distruggere il genere e gli stereotipi derivanti. Meglio raccontarsi la storia secondo il nuovo Vangelo, per cui un’entità astratta vale più della la realtà. L’essere umano diventa una percezione, un’identità, una costruzione artificiale, come dimostrano i corpi logorati e martoriati del nuovo fenomeno “Frankenstein”.
L’identità di genere finirà per essere riconosciuta come una nuova religione, con i suoi fedeli e le sue usanze. In un mondo dove l’illusione e il sogno della transizione vengono promossi ovunque, io dico sempre che sognare è bellissimo, però poi bisogna anche svegliarsi.
LGB ITALIA